Le
regole dell’attrazione. Roger Avary. 2002. USA.
Attori: James Van Der Beek, Shannyn Sossamon, Ian Somerhalder, Jessica
Biel, Kip Pardue, Kate Bosworth, Eric Stoltz, Faye Dunaway,
Durata: 110’
Titolo
originale: The rules of attraction
USA. Al Candem College tre
vite (e qualcuna di più) si sfiorano, s’incrociano e s’intrecciano. C’è Sean,
impegnato a recuperare i soldi che deve ad uno spacciatore; Lauren, vergine
alla quale Sean va dietro e che invece è innamorata di Victor; e Paul,
bisessuale con problemi ad affermare il proprio lato omo… A pagare per tutti è la povera Lara, suicida ed appassionata
di Sean.
Dramma generazionale per
un gruppo di ragazzi che non sa fare le giuste scelte e che inserito nel
contesto studentesco del college percorre ad alta velocità la strada delle
delusioni affettive, senza un attimo di respiro, senza soffermarsi sulle
conseguenze delle proprie azioni. Ispirato all’omonimo romanzo di Bret Easton
Ellis, pubblicato nell’ormai lontano 1987, Le
regole dell’attrazione si regge sulle ammiccanti patologie del nuovo
cinema, influenzato cioè da citazioni, autocitazioni e scelte modaiole della
rappresentazione (che molto guardano cioè all’immaginario consumistico dei
videoclips), su un montaggio interessante (di Sharon Rutter, zeppo di rewind ed
incroci e che per certi versi potrebbe aver influenzato anche le scelte visive
di Elephnat (2003) di Gus Van Sant) e
sulla scelta del protagonista di questa morbosa e contorta analisi della giovane
società americana: James Van Der Beek, attore che ha scoperto il successo
grazie alla serie televisiva Dawson Creek,
e che sembra scelto apposta per dare un contributo ad infangare proprio quel modus operandi che la televisione
americana continua a perseguire, di descrivere cioè il mondo dei giovani studenti
come pieno di rischi e minacce ma che comunque alla fine si risolve sempre con
una lieta riuscita. Il mondo del college americano al cinema dunque, un po’ per
la necessità di dover portare un modello diverso da quello televisivo ed un po’
per la necessità che ha il cinema di cercare e creare lo scandalo, sembra purtroppo
ripetersi, meno ridicolo e grottesco di quello messo in scena da Animal House (1978) di John Landis, e
meno godereccio di quello proposto da pruriginosi capostipiti come Porky’s - Questi pazzi pazzi porcelloni
(1981) di Bob Clark o Maial college
(2002) di Walt Becker, al quale Roger Avary non aggiunge molto di nuovo. I
giovani in America non sanno guardare le cose come sono, sembra dire il film di
Avary\Ellis (le lettere della ragazza suicida confuse come fossero state
inviate dalla sua compagna di stanza) e se a ciò si aggiunge l’incapacità quasi
congenita di non essere in grado di fare delle scelte o di evitarne altre, non
rimane che andare in Europa, concedersi una pausa comportandosi alla stessa
maniera, ed incassare al botteghino… Killing
Zoe (1994), il suo esordio alla regia, mi parve all’epoca un film senza
necessità… in questo nuovo lavoro Roger Avary è stato bravo nel riuscire a
ripetersi: frenetico, a tratti scontato, eccessivo nella scelta di essere
eccessivo, Le regole dell’attrazione
forse meritava di rimanere un buon romanzo di successo…
Bucci Mario
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