L’avversario.
Nicole Garcia. 2002. FRANCIA-SVIZZERA-SPAGNA.
Attori: Daniel Auteuil,
Gèraldine Paihlas, Françoise Cluzet, Emmanuelle Devos, Bernard Fresson
Durata: 129’
Titolo
originale: L’adversaire
Il dott. Jean-Marc Faure, che lavora per l’OMS, l’Organizzazione
Mondiale della Sanità, ha uno sguardo triste, forse da troppo tempo. È sposato
con una bella e ricca moglie ed ha due splendidi figli, una famiglia calorosa e
tanti quattrini da gestire su un conto svizzero con alti profitti d’interesse.
Il problema però è che Jean-Marc è arrivato dove è adesso fingendo di avere una
laurea, di essere medico, e di essere tutto quello che dice di essere.
Jean-Marc è un impostore che, costretto dagli eventi a dire la verità, sceglie
di massacrare tutti i suoi famigliari.
Tratto da una storia vera, quella cioè di Jean-Claude
Romand che nel 1993 compì il massacro in Francia sconvolgendo l’intero paese, L’avversario si basa soprattutto
sull’omonimo romanzo scritto da Emmanuel Carrere, sceneggiato dalla regista con
la collaborazione del figlio Frèdèric Bèlier-Garcia. Scegliendo ovviamente di
seguire il protagonista soprattutto nella fase finale della sua menzogna,
quella cioè che lo pone in bilico sull’abisso della verità, il film si fa
aiutare da un montaggio atemporale, da un commento musicale poco invadente e
molto efficace di Badalamenti, ma soprattutto dalla recitazione monotona di
Daniel Auteuil. Costruito infatti tutto sul protagonista il film si perde man
mano proprio assieme a lui, meno in parte di quanto si è strillato al Festival
di Cannes dove fu presentato. Trattandosi di una storia vera e per giunta molto
recente, doveva essere compito della regista quello di decostruire la storia
per renderla un minimo accattivante (cosa avvenuta, con troppi sforzi forse) ma
soprattutto di ricavare aspetti più intimi della situazione nella quale il
protagonista si era cacciato. Il tema della colpa frustrante per esempio è solo
negli occhi del protagonista, e non ha mai un effetto sincero sulla storia,
anzi sembra proprio troppo trattenuto nello sguardo di Auteuil (guardare Fargo (1996) di Joel Cohen per capire
meglio cosa vuol dire affrontare la propria umana miseria) senza che vi siano
accenni alla condizione che lo circonda e che possano fare da contrappeso
(quelli iniziali si bruciano in un arco di pochi minuti e sono solo
introduttivi ai fatti); anche l’abisso della verità sembra circoscriversi
all’aspetto della falsa professione, quando in una storia come questa ad
emergere non dovevano essere solo l’aspetto economico o di titolo accademico,
quanto appunto il tema della menzogna o quello della doppia natura, privata
egocentrica o privata relazionale. Pirandello non è passato da qui, tracce
infatti non ve ne sono. Regia lenta e dilatata, pulita nella maggior parte
delle inquadrature ma sfilacciata, e comunque di poco effetto: L’avversario è un film noioso (non solo
lento, che è un’altra cosa) che pecca nel fatto di lavorare su una storia
conosciuta e che, una volta portata sullo schermo, ha il difetto di non
riuscire ad approfondirsi.
Bucci Mario
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