E
tu vivrai nel terrore…l’Aldilà. Lucio Fulci. 1981. ITALIA.
Attori: Katherine MacColl,
David Werbeck, Cinzia Morreale (Sarah Keller), Veronica Lazar, Michele
Mirabella
Durata: 88’
USA. Luisiana. 1927. Un gruppo di contadini crocifigge un
pittore, custode di una delle sette porte dell’inferno sulla quale l’albergo in
cui domicilia è stato costruito. 1981. La newyorchese Liza Merrill eredita
l’albergo da una vecchia parente, ma sin dal primo giorno strane presenze
causano la morte di un imbianchino e di un idraulico. Un giorno poi, sulla
strada, Liza incontra la cieca Emily la quale le consiglia di lasciar perdere
l’albergo e di disfarsene. All’obitorio intanto, anche la moglie dell’idraulico
muore per cause sconosciute mentre la figlia, presente alla tragedia, diventa
anche lei cieca. Intenzionata a continuare nel recupero dell’albergo, Liza
chiede all’architetto di recuperare la pianta dei sotterranei ma l’uomo ha un
incidente in biblioteca e cade battendo la testa. Viene aggredito da un gruppo
di tarantole che lo uccidono sfigurandolo. Nell’albergo intanto, muoiono anche
la governante e suo figlio mentre il dottor John McCabe, un uomo che Liza ha
conosciuto a causa delle diverse tragedie, cerca di capire cosa sta succedendo.
In casa sua intanto anche Emily viene massacrata, questa volta dal suo cane,
aggredito a sua volta da un insieme di zombi tornati in vita grazie al potere
del pittore morto. Per capirci qualcosa Liza e John vanno in ospedale per
parlare con uno specialista ma scoprono che il luogo è ormai infestato da non
morti. Rifugiatisi nel sottoscala dell’ospedale si accorgono che esso
corrisponde allo stesso che c’è sotto l’albergo. John e Liza hanno raggiunto
anche loro l’Aldilà.
Apice della carriera del regista nel suo periodo americano,
a seguito del quale incomincerà il vero declino. Lavorando su una sceneggiatura
non troppo originale scritta con Dardano Sacchetti, autore tra alcuni dei
migliori thriller del regista Dario Argento, Lucio Fulci mette insieme i temi
della casa del male (riprendendo così Suspiria
(1977) proprio di Dario Argento) con quelli degli zombi (voluti dalla
produzione ed ai quali il regista non riuscì ad opporsi), e sebbene ci siano
ancora i consueti buchi narrativi, sembra comunque una delle più solide sceneggiature
sulle quali ha lavorato. Tra questi buchi, due almeno sono davvero ridicoli, ed
entrambi relativi al personaggio del medico John McCabe: viene rintracciato per
telefono al bar (come se quello fosse il suo ufficio privato) ed ha una pistola
nel cassetto (non a casa bensì in ospedale!). A parte questi episodi, mai
caratteristici nel film di genere, siamo di fronte ad un vero e proprio cult
che guarda anche più indietro degli allora recenti successi splatter (la
maledizione del condannato per esempio è un classico sul quale si srotolano film
di origine gotica e letteraria, come per esempio accadeva in La città dei mostri (1963) di Roger Corman)
e che ha un finale davvero singolare, con l’ingresso dei protagonisti nel
quadro che il pittore stava dipingendo prima di essere crocifisso (La casa dalle finestre che ridono (1976)
di Pupi Avati raggiungeva la stessa agonia). Contenuta la recitazione degli
attori, il film cerca ed ottiene un sufficiente livello di realizzazione grazie
ad una delle migliori fotografie dell’intera filmografia del regista, firmata
questa volta da Sergio Salvati, e grazie ad una serie di truculentissimi effetti
speciali, di Giannetto De Rossi, di notevole fattura ed interessante
realizzazione: Fulci si diverte, infatti, ad entrare nelle ferite (vedere la
scena della tarantola che strappa la lingua) ed a sezionare le sue vittime come
non era mai riuscito a fare fino ad ora, ricorrendo ad espedienti soggettivi
della m.d.p. ed a grandangoli deformanti. Per certi versi il film potrebbe aver
ispirato La casa (1983) di Sam Raimi,
nella scelta del libro dei morti e nell’ambientazione appunto. Infine una
chicca: nella versione video italiana della Avofilm è stato tagliato il prologo
perché i distributori, pensando che il color seppia del prologo fosse un trailer,
stamparono il film dal momento in cui ritennero che i colori fossero omogenei.
Bucci Mario
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