Fuori
orario. Martin Scorsese. 1985. USA.
Attori: Griffin Dunne, Rosanna
Arquette, Linda Fiorentino, Verna Bloom, Teri Garr, John Heard, Catherine
O'Hara.
Durata: 97’
Titolo
originale: After
hours
New York. Il programmatore di computer Paul Hackett, all’uscita
da lavoro, incontra Julie in un bar. La ragazza prima attacca bottone e poi gli
lascia il numero di telefono di casa di Kiki, una sua amica scultrice.
Rientrato a casa, Paul chiama Kiki e scopre che Julie è da lei. La ragazza lo
invita a casa, nel quartiere di Soho. Raggiunto l’appartamento senza pagare il
taxi (perché ha perso la sua unica banconota da 20$) Paul trova solo Kiki
intenta a costruire una sagoma maschile di cartapesta. Le racconta una storia
mentre le fa un massaggio e la donna si addormenta. Torna Mercy che confessa a
Paul di essere stata violentata una volta dal suo ragazzo nella stanza di
quell’appartamento, dove ha deciso di vivere. Escono e vanno in un bar dove
Paul scopre che Julie è anche sposata con un uomo che vive in Turchia e che
aveva perso la testa per la pellicola Il mago di Oz. Di rientro a casa,
si baciano sulle scale e, dopo aver fumato uno spinello nella sua stanza, Paul
abbandona l’appartamento convinto che lo stia prendendo in giro. Cerca di
prendere la metro ma non riesce a pagarsi il biglietto perché aumentato quella
stessa notte. raggiunge un bar dove una cameriera prova ad abbordarlo. Il
barista, Tom, gli offre di pagargli il biglietto per la metro in cambio di un
favore. Scambiandosi le rispettive chiavi di casa a garanzia, Tom chiede a Paul
di andare casa sua a prendere le chiavi della cassa del bar, incastrata, e di
inserire l’allarme nell’appartamento a causa di una coppia di ladri che sta
svaligiando l’intero quartiere. In strada Tom trova due ladri intenti a caricare
sul furgone la statua di cartapesta di Kiki. Il suo arrivo li mette in fuga e
Paul, portando la statua in casa, rimane sbalordito dal fatto che in realtà
quella è stata venduta dalla scultrice per 300$. Ne approfitta per chiedere
scusa a Marcy ma la trova morta sul letto. La ragazza si è uccisa assumendo
Seconal. Kiki nel frattempo è uscita con il suo uomo e Paul torna al bar che
trova chiuso e dove c’è però Julie, la cameriera, ad attenderlo. Vanno a casa
di lei ma per una battuta sbagliata irrita la sua suscettibilità. Dalla
finestra si accorge che Tom sta riaprendo il bar e torna da lui per
consegnargli le chiavi e prendersi le sue. Il barista però riceve una
telefonata che lo mette al corrente della morte della sua ragazza Marcy. Paul
allora torna da Julie ma, dopo essersi scambiati i numeri di telefono, irrita
ancora la sua suscettibilità e la donna lo minaccia di vendetta. Ritorna al bar
per riavere le sue chiavi e lo trova di nuovo chiuso. Vede ancora una volta la
coppia di ladri sotto casa di Tom ed entra nel palazzo per controllare ma è
scambiato dagli inquilini per topo d’appartamento ed è costretto a fuggire. Si
rifugia in un locale punk dove vede Kiki ed il suo uomo, ma è costretto ancora
una volta a fuggire, questa volta da un gruppo di punks che gli vogliono rasare
il cranio. Trova lo stesso taxi che lo aveva accompagnato a Soho ma l’autista
gli ruba i soldi e fugge. Rimane in strada con una donna che, per avergli
procurato una ferita uscendo dal taxi, gli offre di curarlo in casa. Nell’appartamento,
la donna gli mette a disposizione il telefono ma poiché è attratta da lui,
riesce a non fargli fare la telefonata e si offre di accompagnarlo
personalmente a casa. Una volta in strada, letto un volantino, attira
l’attenzione di un gruppo di uomini armati che fa la ronda nel quartiere alla
ricerca dei ladri. Paul si da alla fuga e quando tutto sembra essersi calmato,
ferma un uomo in strada per chiedergli aiuto. L’uomo si offre di fargli fare
una telefonata dal suo appartamento convinto di avere poi un incontro
omosessuale. Paul chiama la polizia per denunciare una congiura di quartiere
nei suoi confronti ma non viene creduto. Dalla finestra dell’appartamento si
accorge di Julie e sceso in strada vede che è lei a seminare le strade con
fotocopie che lo ritraggono come fosse un delinquente. Trova Tom nel bar dove
ha conosciuto Marcy ma l’uomo chiama a raccolta gli uomini della ronda. Paul
allora si rifugia di nuovo nel locale punk, questa volta deserto. C’è solo una
donna, che invita a ballare e che poi lo fa accomodare nell’appartamento sotto
il locale. Quando sta per addormentarsi nel suo abbraccio, irrompono nel locale
gli uomini che gli danno la caccia. Per non farlo scoprire, la donna lo ricopre
di carta e colla trasformandolo in una statua di cartapesta. Per stare più
sicura, lo lascia in quelle condizioni ma i due topi d’appartamento riescono ad
introdursi e lo rubano sicuri che sia un’opera d’arte come quella che avevano
acquistato da Kiki. Ad una sbandata, il portellone del furgone si apre e la
statua cade in terra proprio davanti all’ufficio dove Paul lavora. È l’alba e
il programmatore di computer si reca direttamente in ufficio.
Dopo le crude esperienze narrative italo-americane che
avevano esaltato la figura di Scorsese come l’ottimo osservatore di ciò che la
strada raccontava, senza distaccarsi da quest’ottica, il regista sceglie la
formula della black comedy onirica per raccontare una notte lunga una
vita, lontana dal posto di lavoro, immersa nel buio di un incubo allucinato ed
inestricabile. Fuori orario, come sostiene il barista che offre da bere
a Paul e Marcy, è quando si fanno le ore piccole, è zona franca. È la
liberazione dei fantasmi del crepuscolo, è l’incubo di un uomo che voleva
solo uscire con una ragazza e che si scontra con una realtà buia con la
quale non riesce a rapportarsi (nessuna donna infatti, presta attenzione a quel
che dice). Girato con uno stile esemplare ed una regia che, seppur presente
riesce a non appesantire mai una sceneggiatura davvero geniale nella quale anche
il più indifferente dei dettagli presto si trasforma in un fondamentale
tassello per una più ampia ricomposizione narrativa. Non un attimo di tregua
nella sceneggiatura di Joseph Minion, non un istante di pausa per un
personaggio kafkiano che vive un processo di colpa grande quanto un quartiere
intero che gli dà la caccia. Fuori orario è un manifesto liberatorio
d’inconsce necessità di fuga, ostruite da una scansione temporale che risponde
con “Spiacente signore, si chiude” nel momento in cui Paul ha appena
confessato una semplicità insostenibile: “Io voglio vivere…”. Ogni volta
che il tempo narrativo sembra concedere pause allo spettatore, immediatamente
un trillo del telefono, un dettaglio che devia il percorso del protagonista,
costantemente colto impreparato al succedersi degli eventi. Importante la
funzione dei dialoghi, ogni parola detta da Paul che non è ascoltata (cerca
sempre di raccontare quanto gli sta accadendo) preannuncia ad un’incomprensione
cui il protagonista non riesce a sfuggire. Legato ancora alle forti tradizioni
religiose, la donna di Scorsese rimane femmina tentatrice, inappagata
macchina da caccia. Costruito dal tramonto all’alba, Fuori orario è un
film di un’estensione visiva notevole: i due carrelli principali (che
aggrediscono Dunne all’inizio e che lo abbandonano all’ambiente di lavoro nel
finale, con avvolgente movimento circolare) sono titolo e firma di un gusto per
l’immagine assolutamente alla Scorsese; ma Fuori Orario è anche
un insieme davvero riuscito di (a volte) sottili citazioni alte: Henry Miller,
Franz Kafka, Edwrad Munch, Il mago di Oz (1939) di Victor Fleming, L’inquilino
del terzo piano (1976) di Roman Polanski. Musiche di Howard Shore (che
diventerà stretto collaboratore di David Cronenberg) e meravigliosa fotografia
di Michael Ballhaus che per gli esterni ricorda quella impastata di Michael
Chapman utilizzata in Taxi driver (1976). Il regista compare in un cameo
come l’uomo che gestisce il faro nella discoteca quando il gruppo di punks
cerca di fare lo scalpo al davvero bravo Griffin Dunne (anche
co-produttore di questa pellicola indipendente) capace di sostenere l’intera
avventura con lo sguardo. Premio per la miglior regia al Festival del cinema di
Cannes. Fuori Orario è una delle grandi commedie nere degli anni ’80
(il Morandini – Dizionario dei film 2004). Per il critico Enrico Ghezzi
invece si tratta di un esempio di film-fantasma: una pellicola
leggermente allucinata di personaggi che non sentono la pesantezza ossessiva
della città di notte, un film di sottile difficilissimo scarto tra se stessi
e quello che sono, o tra il loro formarsi e ciò che diventano stanno diventando
mentre li vediamo (E. Ghezzi – Paura e desiderio – Bompiani).
Bucci Mario
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