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Violent cop - Sono otoko, kyobo ni tsuki
Anno: 1989
Regista: Takeshi Kitano;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Giappone;
Data inserimento nel database: 04-12-2003


La grande guerra

Violent cop. Takeshi Kitano. 1989. GIAPPONE.

Attori: Takeshi“Beat” Kitano, Maiko Kawakami, Makoto Ashigawa, Shiro Sano, Haku Ryu, Ken Yoshizawa, Ittoku Kishibe, Shigero Haraizumi

Durata: 103’

Titolo originale: Sono otoko, kyobo ni tsuki

 

 

Giappone. Tokyo. Una banda di giovani balordi aggredisce un vecchio barbone. Il commissario Azuma, che ha assistito a quanto accaduto, si presenta a casa di uno degli aggressori e dopo averlo picchiato lo costringe a presentarsi il giorno dopo in questura. È la prima sequenza, quella che descrive il personaggio del commissario: ligio alla morale della polizia, duro, senza mezzi termini, il commissario Azuma incarna perfettamente il rispetto del codice. Uno squilibrato killer al soldo di un ricco trafficante di droga della città, incomincia però a mietere vittime. Le indagini della questura portano a mettere in luce particolari collegamenti tra la squadra della narcotici ed il gruppo criminale. Con l’intensificarsi delle indagini aumenta anche il numero delle vittime. Lo spietato killer decide allora di risolvere la questione personalmente, soprattutto dopo che il suo capo è stato accusato direttamente dal commissario Azuma. Il killer fa sequestrare la sorella di questo, donna sola e con problemi psicologici. Azuma, che intanto è stato cacciato dal dipartimento, decide di vendicarsi da solo. Prima uccide il capo della banda criminale ed infine lo stesso killer. Accortosi della nuova tossicodipendenza della sorella, nel braccio della quale i rapitori si sono divertiti ad iniettarle eroina, decide di uccidere anche lei, non sopportando di vederla in crisi d’astinenza. È freddato poco dopo dal segretario del boss. Il rapporto tra malavita e polizia può riprendere tranquillamente: il segretario ha sostituito il boss ed il compagno giovane del commissario lo stesso.  

Esordio dietro la macchina da presa per l’artista giapponese. Traendo spunto da una trama per certi versi scontata quanto il genere (scritta da Hisashi Nozawa), il neo regista nipponico riesce, mostrando una capacità invidiabile di sintesi dell’immagine, a modificare le regole del gioco a suo piacimento (anche perché in prima battuta non era stato scelto lui per dirigere questa pellicola): l’omicidio finale della sorella ad esempio è contrario a qualsiasi regola del genere, ammesso che debba essercene una. Più che un film è il biglietto da visita del regista, l’ingresso nel mondo privato della cultura cinematografica (l’irruzione del suo personaggio nell’appartamento dell’aggressore). Ogni inquadratura è un esercizio di stile che nel computo generale della pellicola non è mai fine a se stesso, non si compiace anzi, si mostra efficace. I tempi sono ovviamente quelli del cinema orientale, dall’uso dei campi lunghi percorsi per intero ai silenzi di fronte alla morte ed alla violenza, ma Kitano dimostra di possedere anche ottime qualità di un altro tipo di cinema (alcuni carrelli ricordando non poco quelli di Martin Scorsese, in special modo quelli negli interni, e molti dei campi lunghi ricordano il genere western). La vera paura di esprimere un giudizio su questo regista che ripeto, ha una proprietà stilistica assoluta, è nell’ambiguità dei suoi messaggi: se è vero che non siamo di fronte ai vincenti protagonisti dei poliziotteschi anni settanta (sia italiani che di matrice americana) bensì di veri e propri condannati a morte, gli elementi moralistici ai quali il regista fa riferimento sembrano avere caratteri, purtroppo, indiscutibili ed oggettivi (il matrimonio e l’ideale dell’ordine poliziesco soprattutto, mancando il quale il commissario Azuma perde la testa). Particolarmente efficace il sovrabbondante uso del sangue. Sorprendente la primissima inquadratura, il mezzo busto del vecchio barbone che sembra uno stop motion, e che non è, ed il suo sorriso mancante. “Attenzione, quest’uomo è pericoloso” è il significato del titolo originale (Mereghetti – Dizionario dei film 2000).

 

 

Bucci Mario

        [email protected]