Quarto
potere. Orson Welles. 1941. USA.
Attori: Orson
Welles, Joseph Cotten, Dorothy Comingore, Everett Sloane, George Coulouris, Ray
Collins, Ruth Warrick, Erskine Sanford, Agnes Moorehead, Richard Baer, Paul
Stewart, Alan Ladd
Durata: 119'
Titolo
originale: Citizen
Kane
Poco prima di morire, il
ricchissimo Charles Foster Kane, magnate della stampa e proprietario del
quotidiano Inquirer, pronuncia la parola Rosebud. Pochi giorni
dopo la sua morte, la stampa si attiva per ritrovarne il significato, quasi
fosse l’unico segreto di quel potente uomo che costruì un impero che
dominava un impero. E’ incaricato dell’indagine il giornalista Thompson il
quale, attraverso diverse interviste ai personaggi più importanti e vicini alla
figura di Kane, non riesce a risolvere l’enigma. Quando tutto il suo patrimonio
sarà valutato, custodito nel palazzo Xanadu che per amore della seconda moglie
aveva fatto innalzare, ed alcuni suoi cimeli ritenuti di scarso valore saranno
bruciati, si scoprirà che quella parola si riferiva alla slitta con la quale
era cresciuto da piccolo.
Scrivere di Quarto potere,
facendone una semplice recensione fuori tempo, è tanto scorretto per la storia
del cinema quanto inutile. Umilmente quindi, cercherò solo di ricordare quali
sono stati i punti di rottura di questo capolavoro assoluto del cinema
mondiale, dalle inquadrature (che permisero a Sartre di definire il film
superiore nelle immagini in confronto ai personaggi) dall’utilizzo del pan
focus (o deep focus) che permetteva all’obiettivo profondità di
campo sempre più simile a quelle dell’occhio umano, al particolare contratto
che la RKO fece per accaparrarsi la sua prima regia (a soli 26 anni ebbe carta
bianca come nessuno mai) e che permise a Trouffaut, a distanza di anni, di
sostenere che fu quel film (e la libertà riconosciuta al regista) a far
crescere nei francesi degli anni ’30 la voglia di diventare registi (la voglia
d’essere registi sarebbe più corretto dire oggi alla luce di tutto il
pensiero della nouvelle vauge). Tempo descrittivo e tempo narrativo furono
stravolti e confusi dall’uso del flashback, dai punti di vista diversi sullo
stesso oggetto (per il canto all’Opera della seconda moglie ad esempio) dal
continuo mascherarsi del protagonista, un grande Orson Welles capace di mutare
fisicità e dilatare la sua presenza (le sue storie matrimoniali sono raccontate
attraverso mutevoli confronti a pranzo con la prima moglie ed il cambiare dei
puzzle della seconda). Nella versione italiana la parola Rosebud è
fraintesa con Rosabella mentre quella di Xanadu con quella di Candalù,
per non parlare del titolo che da Citizen Kane (più mirato forse a
colpire il soggetto uomo oltre che la natura dell’informazione come fonte di
manipolazione e potere) è diventato Quarto potere (decentrando quindi l’interesse
della solidissima sceneggiatura di Herman J. Mankiewicz). Un film nel quale
l’attore forse sovrasta il regista (e sono la stessa persona!) nel quale
rapporto si è inserito con notevole spirito avenguardistico l’eccelso direttore
della fotografia Gregg Toland, autore degli effetti più innovativi del lavoro
di Welles. Il film costò più di 800 mila dollari, ed anche se ottenne un
apprezzabile consenso dalla critica, deluse in prima uscita soprattutto gli
spettatori americani, abituati ancora ad un rigido modo di fare e vedere il
cinema. Fortemente americano (Kane è detto sia comunista che nazista nel
cinegiornale che la redazione sta preparando dopo la sua morte) Welles decide
di dissacrarne comunque il suo mito, costruendo un mistero su un nome appropriato
tanto per una slitta quanto per un simbolo dell’infanzia. Fortemente barocco
nella scelta delle locations e delle inquadrature, gigionesco nella recitazione
(vero mattatore quando tiene il discorso per la sua candidatura a governatore)
superlativo per la scelta di rompere gli schemi (il banchiere e tutore Thatcher
gli domanda “Cosa avresti voluto essere?” e Kane risponde “Tutto ciò
che lei disapprova”) in un momento in cui il cinema americano aveva trovato
solidi punti di riferimento. L’uso dei carrelli è frequente come quello dello
zoom (la cinepresa che passa attraverso l’insegna del locale della seconda
moglie di Kane; la sequenza che guarda Kane bambino che gioca sulla neve,
procede all’indietro attraverso la finestra, man mano entra in casa ed inquadra
i genitori di quello decidere del suo futuro). È una delle prime pellicole che
esaspera le inquadrature da terra, ricorrendo in alcuni casi alla worm’s eye
view, inquadratura che pone la m.d.p. sul fondo di una buca. Con molta
probabilità, la figura di Kane si è rifatta a quella del più reale magnate
della stampa Hearts, il quale citandolo in giudizio, altro non fece che
riconoscere il realismo dell’opera. In realtà è sorprendente la somiglianza con
un altro personaggio, più prettamente cinematografico, ovvero il Marlon Brando
de Il Padrino (1972) di Coppola. Un film che, trovandosi all’inizio
della storia del cinema, lascia senza parole, il cui protagonista muore
senza credere a niente.
Bucci Mario
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