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Titanic
scenografia slapstick

Riceviamo e assai volentieri pubblichiamo...

Queste osservazioni muovono da alcune impressioni derivate dalla visione di Titanic. Alcuni spunti che andrebbero verificati.

Foto1. Esiste, credo, nella descrizione del disastro del Titanic, una raffigurazione che porta alla misurabilità degli spazi (il ponte/ i ponti, i corridoi): non sembra uno di quei film che nascondono la visione complessiva degli spazi (anzi c´è il modellino e la ricostruzione computerizzata della nave), come dicevamo nel 1985 a proposito di Furyo e (il mio amico di Parigi) della Grande fuga. Anche in Laurel&Hardy c´è una serie di «figure narrative» che finiscono per proporre e riproporre una scansione degli spazi del set (per es. Big business, la comica in cui cercano di vendere alberi di Natale: vanno su e giù varie volte, L&H e il nemico James Finlayson, per scassare qualcosa alla casa di lui o alla loro auto).

2. Introdotti così al discorso delle schermaglie e delle lotte con il nemico, verifichiamo che queste battaglie passano attraverso la reiterazione dei colpi portati; l´attesa impassibile che il colpo arrivi (vale soprattutto per Ollio); gli sguardi fra loro due dopo ogni colpo ricevuto oppure inferto (con soddisfazione).

3. La cattiveria degli scherzacci e dei dispetti va in crescendo (per es. Vita in campagna, quella del pozzo con l´acquavite). C´è una bella eccezione (Tutto in ordine): la scena si apre sul disastro già compiuto, un´orgia in casa Hardy, assente la moglie. Tutta la comica si svilupperà sul tentativo di L&H di riordinare la casa, fracassando vetri, rompendo piatti e stoviglie, lordando gli abiti di Ollio, fino all´esplosione finale del gas.

4. Dall´analisi dei punti precedenti mi sembra che si individui la presenza di una linea orizzontale, narrativa, rappresentata dalla progressiva distruzione del set (o del set nel set, perché tale è in Tocco finale la costruzione di una villetta prefabbricata) e di una linea verticale che si stabilisce nel degenerare dei rapporti fra le persone: ritorniamo a Big business, un crescendo di isteria da parte di Finn (il classico baffone che guardava con un occhio storto) parallelo allo sfascio della casa di lui e dell´auto di L&H. È curioso notare come in Titanic il progressivo inabissamento accompagni l´emergere in superficie (sopra e sotto la superficie?) del carattere sordido del fidanzato ufficiale, che appare sempre più spregevole, schematico e grezzo nei suoi tratti, incarnazione di una funzione narrativa più che personaggio «scavato».

5. A questo punto mi sembra che salti fuori un motivo narrativo diTitanic, che si chiarisce abbastanza bene (forse troppo esplicitamente) all´inizio, nelle premesse del viaggio, per venire poi sconvolto dal disastro, che io individuerei nel rifiuto o meglio nel terrore della promiscuità. A tanti livelli: di classe, ovviamente (e non mi riferisco alla 1º classe o classe turistica); di moralità; di sesso; di cultura (diversi tipi di musica e danza, v. gli irlandesi). C´è la necessità di tenere le distanze, perché tale era la cultura dell´epoca e tale era lo schema della favola edificante un po´ da sempre. Non solo, dunque, la nave è un microcosmo, isola di umanità (!) in mezzo all´acqua; ma addirittura la nave a sua volta è un concentrato di microcosmi, cellule incomunicanti fra loro, che solo gli accidenti (un tentato suicidio, il naufragio) possono mettere in contatto. In questa costruzione drammaticamente piuttosto rigida e schematica c´è un ritorno alla semplicità della slapstick com. Ma se è vero il discorso dei microcosmi, davvero Titanic è a buon diritto un film, come si usa dire, «di fine millennio»: che c´è di più attuale? Bene, L&H non si peritano di distruggere le distanze, le sfasciano anche fisicamente, da maggiordomi si fingono proprietari di una lussuosa villa, poveri in canna mantengono una cura della forma nel trattare con il prossimo (soprattutto Ollio); invece di fronte ai ruoli sociali ben codificati e sanzionati dalla morale comune la coppia si divide: Ollio si adegua immedesimandosi e fingendosi affettato (con la cravatta tra i pollici, figura nota come ¨Tie-Twiddle¨); Stan diventa irriverente e aggressivo (non si fa scrupolo, se si ritiene offeso da qualcuno degno di rispetto - per esempio una signora - di appiopparle un bel calcio in culo).

6. Ora divagazione: da L&H non si può fare a meno di fare un´incursione sul Navigator di Keaton, che se non fosse stato girato 70 anni prima, sarebbe un capovolgimento clamoroso di Titanic (non è che poi Cameron ha voluto fare la parodia di Keaton?). Dato per scontato l´amore di Keaton per le macchine (macchina da presa del Cameraman, macchina a vapore nel Generale...) e data per scontata la storia d´amore (Buster e la sua bella possono incontrarsi, per caso, sulla nave, le famiglie sono ovviamente contrarie, anzi a bella posta fanno andare la nave alla deriva), ci sono alcuni spunti interessanti. Sulla misurabilità, anche loro due percorrono più volte in lungo e in largo il ponte. Ma attenzione: sul Titanic sono in troppi; sul Navigator ognuno di loro due crede di essere solo, entrambi si spaventano quando si incontrano, si scoprono soli, poi hanno paura di questo essere soli sulla nave alla deriva; poi ancora avranno paura di NON essere soli e si sentiranno circondati di strane presenze (la splendida gag del ritratto del vecchio capitano, che al beccheggio della nave si affaccia e scompare dall´oblò di Buster). Nel film, per quanto muto, cogliamo come palpabile un silenzio agghiacciante su quella nave. Già, il silenzio, proprio il grande assente di Titanic, vuoi perché la prima parte è tutta cerimonie, musiche e chiacchiere vuote, vuoi perché la seconda è tutta grida, boati, schianti, spruzzi, fino agli spari. Altra sovversione: sul Titanic non bastavano le scialuppe, Buster addirittura con la scialuppa tira a rimorchio la nave! E il loro viaggio durerà giorni e giorni, altro che il tempo reale, qui l´arbitrio del regista nella ricostruzione narrativa dell´evento è totale. Poi la promiscuità: sono solo loro due, la promiscuità è tutta esterna, quando cioè si trovano a contatto con i cannibali che cercano di assaltare la nave e, in ultima analisi, l´intimità della loro anomala luna di miele. Di converso, Di Caprio e la sua bella sono in mezzo a gente e gentaglia che li contrasta, ma si comportano come se fossero soli, sono una eccentrica e l´altro estraneo a una realtà sociale, e si comportano in maniera oltraggiosa.

7. Tornando a L&H, c´è un altro elemento che mi sembra interessante: in molte comiche, come Philip deve portare i pantaloni..., la situazione di scontro che si origina grazie a L&H porta come conseguenza il coinvolgimento di una folla di gente, che si comporta come loro (per es. tirandosi giù i pantaloni a vicenda, lo fanno tutti quelli che passano per un crocicchio, o partecipando agli inseguimenti) o si coalizza contro loro o qualcun altro. La fuga d´amore nei meandri della nave, con dietro camerieri, detective e ufficiali della nave, cortigiani, lacché e varie figure di rappresentanza mi ci fa pensare.

8. L´ultima osservazione è tutta da scoprire e richiederebbe uno studio attento: siamo sempre stati abituati a considerare le comiche del muto o giù di lì come espressione sopraffina delle arti mimiche e pantomimiche degli attori; a guardare ai loro volti ineffabili (non solo L&H, ma evidentemente Keaton e Lloyd, nonché dei comprimari Finlayson, Turpin, Bevan per non dire di Chaplin) come alla sede dell´espressività linguistica delle slapstick, dimenticando il controllo e la maestria che avevano nell´inquadratura e nel montaggio. Alla ricerca di punti di contatto con Titanic (dunque con il massimo linguistico e tecnologico dell´effettistica, ma anche del ritmo, dell´azione, della mdp), ho scoperto una grande padronanza del mezzo (probabilmente, dicono gli studiosi, Marco Giusti, autore del relativo Castoro, in testa): ci sono inquadrature straordinarie dal punto di vista della profondità. Ed è una profondità in movimento: tutto si muove, dal PP allo sfondo, sembra (ancora una volta) Spielberg o Joe Dante, o il Wenders di Hammett (da rivalutare enormemente), sembra lo schermo pulsante di McLaren. E dal punto di vista del montaggio non mancano addirittura gli attacchi sul movimento.
C´è molto da imparare da questi buzzurri.

Alberto Corsani