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Eyes Wide Shut

A distanza di circa un anno dalla visione cinematografica di Eyes wide shut e di pochi giorni dalla vendita in home video, è sempre presente la sensazione che quest’ ultima opera di K. sia gelidamente incompiuta, in particolar modo in fase di montaggio, come dimostra la fase finale sorprendentemente priva di suspense se si considerano le soluzioni narrative adottate nelle sequenze iniziali.

Come sempre le immagini di K. sono di straordinaria densità metalinguistica ed è fin troppo semplice perdersi nelle innumerevoli citazioni cinematografiche (anche autoreferenziali).

Tuttavia questi rilievi si mostrano incredibilmente marginali quando una illuminante battuta proferita da Tom Cruise svela l’essenza del film:

"Quale sciarada si conclude con la morte di una persona?"

Risposta: la vita.

E la morte?

"Non cercare di indagare altrimenti sarà peggio per te" perché risolvere l’enigma vita/morte può essere una mera operazione tautologica in quanto esprime due risvolti di una medesima messinscena come lo stesso "regista" Sidney Pollack suggerisce.

Amara riflessione — testamento che vuole rappresentare la solitudine esistenziale dell’Uomo di fronte al Mistero per eccellenza.

Emblematico, in questa chiave di lettura, il costume che T.C. indossa nella claustrofobica sequenza che lo/ci vede assistere a macabri rituali che richiamano il suggestivo e delittuoso connubio sesso/morte.

Difatti è d’uopo sottolineare che, nel bergmaniano Il settimo sigillo, la Morte, che finisce col dare scacco matto al cavaliere, veste in modo simile (superfluo ricordare che il "Gioco degli Scacchi" è quello preferito da K. ).

Inoltre è quasi prostrante il dolore che incombe nella vanità della sontuosa e luttuosa mise in abime e negli sguardi che rivelano il sottile ed insidioso inganno che amore ed arte concettualmente presuppongono sotto il profilo estetico-filosofico(ambedue mirano alla seduzione).

Ergo mai come in questa pellicola il regista ci conduce, con eleganti e sinuosi movimenti di macchina, a visitare numerosi ambienti(set) interni, tutti dettagliatamente definiti(da notare lo splendore e la ricerca formale addirittura abbaglianti nella ubriacante, ophulsiana scena del ballo che significativamente di-mostra il "gioco" dell’attrazione sessuale).

Dov’è la Verità?

Forse over the rainbow.

Quale forma assume?

Circolare.

K., folle/genio per mal de vivre, sulle orme di Nietzsche, crede nell "eterno ritorno" e negli ultimi fotogrammi possiamo osservare un negozio di "gioca-ttoli" con alcune scatole sulle quali si può leggere: "magic circle" e Nicole Kidman che conclude dicendo: "Ritorniamo a scopare(to fuck)".

Beffardamente, K chiude la sua filmografia con un falso thriller, una falsa storia di sesso e d’amore, un falso saggio morale sulle ipocrisie borghesi.

F for fake F for fuck

 

Arancia Meccanica (Rilettura di un musical?)

Un cult-movie "vietato " nel quale Kubrick ha incredibilmente creato una rigorosa messa in scena, che, in maniera perversamente straniante, rappresenta un perfetto e sinistro "musical hollywoodiano" con i colori del Minnelli più affascinante (operazione che, similmente, anche se con intenti differenti, aveva eseguito il Godard di La donna è donna con una splendida Anna Karina.) ed i corpi degli attori che, meccanicamente ma plasticamente, grazie all’adozione di soluzioni visive quali accelerazioni e ralenti, si "sincronizzano" per compiere coreografie (persino il sospensorio di Alex e dei suoi compagni potrebbe essere un beffardo segno di riconoscimento del loro ruolo di marionette danzanti, sorrette dalla fitta trama intessuta dal Super-visore ) contrappuntate (tra l’altro in puro stile cura Ludovico ) da sublimi e subliminali fraseggi musicali (in alcuni casi oscenamente atonali) indiscutibilmente fuori registro rispetto al "comune" senso sintattico-semantico delle immagini raffigurate (ne è eloquente esempio la nota sequenza dello stupro, in cui A-lex compie una macabra danza di "iniziazione" al ritmo di Singing in the rain, canzone tradizionalmente rasserenante e rassicurante nella nostra memoria cinematografica, ma ricordiamoci anche che il film omonimo racconta lo storico e cruciale "passaggio" del cinema dal muto al sonoro ).

È stupefacente come Kubrick, metalinguisticamente, ci in-forma sul piacere(?) della visione e dell’ascolto, dirigendo un’opera multimediale ante litteram e mostrandoci che cosa può essere ed è il cinema..

Sergio Sasso