Solo incidentalmente l'argomento "morte" è stato affrontato dall'interno di una battaglia, spesso ampiamente metaforica della quotidiana lotta per la sopravvivenza; in realtà si direbbe che Malick abbia tratto spunto da Heidegger di cui fu traduttore prima di ideare questo testo, filosofico nelle intenzioni e nel risultato spesso retorico a causa della forzata semplificazione del "essere per la morte" heideggeriano. |
Morire significa essere capaci della morte in quanto morte. Solo
l'uomo muore. L'animale perisce. Esso non ha la morte in quanto
morte né davanti a sé né dietro di sé. La morte è lo scrigno del
nulla, ossia di ciò che, sotto tutti i rispetti, non è mai qualcosa
di semplicemente essente, e che tuttavia è, e addirittura si dispiega
con il segreto dell'essere stesso. La morte, in quanto scrigno
del nulla, alberga in sé ciò che è essenziale dell'essere (das Wesende des Seins). In quanto scrigno del nulla la morte è il riparo dell'essere.
I mortali ora li chiamiamo mortali non perché la loro vita terrena
finisce, ma perché essi sono capaci della morte in quanto morte.
I mortali sono quello che sono come mortali avendo la loro essenza
nel riparo dell'essere. Essi sono il dispiegantesi rapporto all'essere
come essere. |
Questo frammento heideggeriano forse getta una luce diversa sul significato delle immagini degli animali proposte nel film, come la macro incombente sull'implume che barcolla tra le bombe a pochi passi dal nido. La pletora di pennuti ripresi nel film sono da accreditarsi al lavoro di ornitologo che Malick ha eseguito in parchi naturali dedicati al bird watching |