3. Los Esperas (Attendisti)


          Fuori dal teatro la vita procedeva, … a passi stanchi e all'indietro: se il mondo descritto dai guitti risulta asfittico e poco innovativo, quello che scorre all'esterno, descritto dalla televisione, è addirittura involuto. Una situazione che risulta evidente nella pletora di delitti impuniti contro il paese (La guerra sucia per primo), uno dei quali è la condizione in cui versano i pensionati. Infatti sono soprattutto loro 'quelli che aspettano' a cui allude il titolo della sezione, coloro che si trovano a subire l'imbarbarimento della società, di cui però il regista non si limita a condannare la brutalità, sviscera i presupposti che rendono plausibile il mondo da lui caricaturato (come sempre le sue metafore sono efficaci grazie alla loro assenza di grevità, come il paese inondato in El Viaje, della cui alluvione il diluvio è logica continuazione).

    È atroce assistere ad un figlio che pronuncia la frase: "Papà, mi fai pena", sapendo che non lo fa in un impulso distruttivo dell'autorità paterna, anzi al contrario, quel moto di compatimento sorge dall'incapacità di credere ancora in un possibile miglioramento. Sono parole di sconfitta, ma non per la generazione dell'avvocato, abbarbicata ai suoi ideali utopici, quanto per i giovani orbati di sogni e speranze, in fuga; l'affermazione del giovane poi viene stemperata ("Io ti ammiro, ma lotti da solo contro tutti"), però la denuncia rimane, anzi ribadisce la solitudine di chi si oppone all'ingiustizia, perché i giovani per primi hanno permesso che venissero soffocati nella nube i sogni, impedendosi anche il recupero.

    "Come siamo diversi noi due!", sussurra il padre. Una delusione che traspare anche nel rapporto tra Max e sua figlia Paola



    Nessun autore scrive per le negre: un'altra persona in attesa. Il vero eroe positivo è Fulo.


















    Todo non se puede perder

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