2. Ajuste (restrizioni)


    Alla dignità è fortemente correlata l'in-dignazione e sia il vulcanico Max che il pacato Enrique sbottano di fronte alla distratta mancanza di rispetto: "Tutto vi siete venduti come se fosse roba vostra. Cosa c'è ancora da difendere: andate all'inferno". La consapevolezza di essere buggerati e drop-out si coglie sulle facce dei due eroi in carrellata ristretta sui volti; delusi, ma non spenti, risoluti senza ispirare murales autocompiacenti: da questo emerge il latente suggerimento del regista di restituire al mittente l'atroce omologazione della nube, capitalizzandone i meccanismi, per cui quando ci s'accorge che "Ormai non ci resta più niente", significa che ci rimane l'oblio: ecco, nel film si cerca di individuare quale lenimento possa provenire dall'oblio.

    I due amici hanno reazioni diverse, ma ...

    Infatti proprio in seguito alla notizia dello sfratto, il film comincia a innescare una reazione alla rimozione: ci racconta i trascorsi del Teatro del Espejo, infilando un gustoso siparietto dell'impatto di Cachico con il teatro-scuola e con il dogma secondo il quale "Recitare è sedurre. Devi convincerti di essere Dio" in uno splendido montaggio tra schiaccianti plongée sul discepolo e adoranti riprese dal basso sul maestro lievitante. Un'ironia che si trasforma in sarcasmo quando la rievocazione lascia spazio all'erronea convinzione di credersi fortunati a vivere in quell'epoca con la certezza di riuscire a cambiare il mondo: raccontato a ritroso senza deluso distacco, né reducismo, diventa una base per rimeditare come si possa procedere al contrario, adottando lo stesso processo: andare a ritroso nel tempo in uggia al subdolo oblio.

    Todo non se puede perder

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