"In giorni di pioggia, col gusto di pioggia, in anni di pioggia". Buenos Aires non si può disgiungere dagli scrosci d'acqua: il Piemonte ha un legame particolare con la terra argentina e i Subsonica sono torinesi. Perciò appare legittimo esordire con la slavata rabbia rassegnata, ma non arresa, della musica crossover techno-dub subalpina per descrivere lo stato d'animo malinconico dei vecchi attori del Teatro del Espejo, guitti direbbe ammirato il loro omologo Dario Fo, specchiandosi. Infatti con una più forte connotazione brechtiana il suggestivo spazio occupato dal teatro comunica molto bene l'atmosfera anni '70, rivisitata con la contemporanea tristezza, senza piangersi addosso; anzi liberando un'ilarità contagiosa talvolta catartica
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Le metafore meteorologiche sono normalmente foriere di guai per la picciola gente: Loach aggiungeva peso alla sua pioggia facendola cadere sotto forma di pietre sugli edili alla mercé del thatcherismo, Solanas preferisce comunicare la stessa grevità accogliendo una caratteristica della malinconica capitale argentina per aggiungere plumbea atmosfera ai fenomeni regressivi che caratterizzano il flusso dei movimenti del traffico porteño.
Dopo 1742 giorni di diluvio però c'è chi resiste ancora al consueto tradimento dei pompieri della sinistra non meno che alla barbarie del potere: Todo no se puede perder e "questo" non possono portarcelo via, ribadisce senza retorica (e senza pronunciare la parola dignità, alludendovi) il vecchio Max indomito. "Todos sueños es posible si qui los hace, los cree realidad". Allora il nemico è l'oblio, ma non con l'atteggiamento nostalgico dei reduci sconfitti, piuttosto invece propositivo e teso ad individuare spazi da occupare nella nube, adattandosi allo Zeitgeist. |