Usare mezzi altrui per raggiungere lo scopo prefisso è inutile:
infatti Korschid rincorre il musico facendosi aiutare dagli occhi
di un calderaio e con le gambe del portatore di risciò; e non
segue la scia captata dalle sue orecchie: infatti fallisce l'inseguimento.
E questo lo mette però sull'avviso che la Quinta di Beethoven
è un suo assillo, da risolvere con le sue risorse. Da rilevare
che quel concerto è il primo momento di contatto tra il regista
e l'occidente. |
Attraverso il rinvenimento dello specchio si consuma una nuova
divisione, una rottura che restituisce la consapevolezza della
propria figura, l'acquisizione della propria verità, non rivelata.
Nel riflesso la ragazza vede la propria immagine (e noi con lei
in una falsa soggettiva, che allude al nostro perenne stato di
spettatori che assumono i punti di vista dei personaggi), ma noi
dopo la rottura della superficie, riusciamo a dargli una "vista"
ed infatti nel frammento vediamo il nostro volto, cioé quello
di Korschid, che può rimanere a crogiolarsi al sole sommerso dalla
natura, assaporando questa ulteriore consapevolezza.
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La verità era uno specchio che cadendo dal cielo si ruppe. Ciascuno
ne prese un pezzo e, vedendo riflessa in esso la propria immagine,
credette di possedere l'intera verità
(Mevlana Rûmî)
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