- L'essere o il nulla, ecco il problema. Salire, scendere, andare, venire; tanto fa l'uomo che alla fine sparisce. Un tàssi lo reca, un metró lo porta via, la torre non ci bada, e il Pànteon neppure. Parigi è solo un sogno, Gabriel è solo un'ombra (incantevole), Zazie il sogno d'un'ombra (o di un incubo) e tutta questa storia il sogno di un sogno, l'ombra di un'ombra, poco piú di un delirio scritto a macchina da un romanziere idiota (oh! mi scusi). Laggiú, oltre, un po' oltre, Place de la République, si accatastano le tombe dei parigini che furono, che salirono e scesero scale, andarono e vennero per le vie e tanto fecero che alla fine sparirono. Un forcipe li introdusse, un carro funebre li porta via e la torre si arrugginisce e il Pànteon si screpola piú presto di quanto le ossa dei morti fin troppo presenti non si dissolvano nell'humus della città tutto impregnato di affannì. Ma sono vivo, io, e qui s'arresta la mia scienza perché del tassimane sparito nel suo trespolo a tassametro o di mia nipote sospesa a trecento metri nell'atmosfera o della mia sposa, la dolce Marceline, rimasta presso il focolare domestico, in questo preciso momento io non so, e qui non so, se non questo, endecasillabica mente: eccoli quasi morti perché assenti. Ma che veggo oltre le crespute cucuzze della brava gente che mi circonda?.
(Raymond Queneau, Zazie dans le métro, Gallimard, Paris 1959, trad. it. Zazie nel metrò, Nuovi Coralli Einaudi, Torino 1981, p. 92).
- Ecco, - rispose automaticamente Trouscaillon. - Prima prenda a sinistra, poi a destra e poi quando sar su una piazza di ridotte dimensioni, prenda la terza a destra, poi la seconda a sinistra, ancora un po a destra, tre volte sulla sinistra e finalmente tutto dritto per cinquantacinque metri. Naturalmente in tutto questo ci sono dei sensi vietati, il che non cosa che davvero semplifichi il suo percorso.
(ibid., p. 113)