SHOEI IMAMURA,
Coscienza Critica del Giappone



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  • Desiderio Inestinguibile dei Film "Censurati"

    All´elenco della filmografia di Imamura, presentata in Italia nella retrospettiva del Bergamo Film Meeting 1987 va aggiunta l´ultima opera in ordine cronologico del regista, Kuroi Ame (Pioggia Sporca), presentata al Festival di Cannes nel maggio 1989 e colpevolmente censurato dalla criminale distribuzione italiana. Questo film, tratto dall´omonimo romanzo di Ibuse Masuji, narra la storia di una famiglia di gente semplice, la cui vita viene brutalmente sconvolta dalla catastrofe di Hiroshima, il 6 agosto 1945. Imamura ritorna così ad affrontare i temi della contemporaneità e della storia del Giappone del dopoguerra, che avevano già ispirato le sue opere precedenti, in particolare la paura e l´orrore che l´uomo prova di fronte alla morte, che si impadronisce lentamente del suo corpo, stravolgendo il naturale destino di molte vite umane. É un Giappone "vittima della bomba", quello che implacabilmente emerge dal ritratto fatto da Imamura, che rifiuta consapevolmente di affrontare la spinosa questione delle responsabilità giapponesi all´interno del conflitto mondiale.
    ¨Ho voluto fare un film che andasse oltre la questione delle responsabilità e mostrasse come la guerra sconvolga il corso della vita di persone che altrimenti avrebbero avuto un destino anonimo e senza storia. I personaggi hanno in comune l´incontro con l´orrore. Qui il bombardamento atomico è un pretesto per raccontare alcuni individui di fronte alla morte, alla paura di una morte che a poco a poco si impadronisce di loro.
    Il Giappone è stato vittima della prima bomba atomica, ma è stato anche l´aggressore. Non intendo negare i fatti. Però i personaggi di Ibuse sono vittime di una Storia, di un destino di cui non portano la responsabilità. C´è stato un bombardamento, una devastazione totale, migliaia e migliaia di morti. Il film, come il romanzo, si svolge cinque anni dopo. Indipendentemente da chi ha lanciato la bomba o aperto le ostilità, c´è l´orrore della guerra che condanna persino coloro che ha risparmiato: gente comune che ha avuto la fortuna di sfuggire al bombardamento e che è tuttavia condannata a vivere coi giorni contati dalla morte lenta, la morte dei corpi contaminati dalle radiazioni. Il soggetto del film è la loro vita, tra il tentativo di dimenticare e lo sgomento quando compaiono i primi sintomi
    .¨ La mancata distribuzione sarà un caso di cattiva coscienza dell´Occidente o più semplicemente un ennesimo esempio della totale insipienza in cui si dibatte la distribuzione in mano a due tre personaggi dediti soltanto al profitto?
    Altrettanto scandalosa è la mancata programmazione del film vincitore all´ultima edizione del Festival di Cannes, Unagi, L´anguilla, tratto dal romanzo di Akira Yokimura; e si trattava già di un ripiego, in quanto il regista avrebbe voluto realizzare Dottor Akagi.
    Mariuccia Ciotta da Cannes per il Manifesto scriveva il 13 maggio 1997: ¨L´Anguilla è un acquerello, una scatola trasparente, come il vetro dell'obiettivo dai contorni mai certi, e che in un gioco di doppia finzione si schizza del sangue di una donna massacrata a colpi di coltello, con lo sguardo fisso sulla macchina da presa. È la moglie, bella in miniatura, di Takuro Yamashita (Koji Yakusho), che l´ha sorpresa con l´amante, dopo l´avvertimento di una misteriosa lettera, e l´ha uccisa. Ma la storia di passione e di sangue evapora subito nel percorso sognante dell´uxoricida, che si fa otto anni di carcere, e esce con un sacchetto di plastica con dentro l´amica del cuore, un´anguilla. Topi e uccelli ad Alcatraz, ma dal carcere giapponese non può che uscire questo serpente nero diinchiostro di china, muto e solenne. Takuro la mette in una vaschetta dentro il negozio da barbiere, che ha aperto sulla riva del fiume. L´anguilla viene dall´equatore, gli dirà un amico pescatore, e non ha una consapevolezza certa delle sue origini, non conosce il padre e la madre. Eppure è una gran bella anguilla. Dunque Takuro non si preoccupi se forse è impotente, o ha il sesso di un bambino, si può essere padri in mille modi. Ossessione del momento: il padre. Ma un padre-madre, che ricostruisce la sua identità fuori dal comando maschile, dentro una dimensione sognante. È un sogno ricorrente quello di Takuro, che si ritrova nei panni dell´eroe di TRe millimetri al giorno, piccolissimo nella vasca dell´anguilla, testardo nel non provare rimorso.In fondo ha ucciso la donna che lo voleva macho, samurai, occupato a sedute di sesso piuttosto che di pesca, la sua passione.
    Imamura sposta la macchina da presa in percorsi brevi e leggeri, disorienta gli spazi e fa entrare in campo il suo assassino per caso, scontroso e cupo come un Charlie Brown, un bambino filosofo. E inietta humour surreale nel film che diventa alla fine una commedia esilarante. Takuro ha incontrato una sosia della mogli emort, una che salva dal suicidio, e che ha assunto nel negozio di barbiere. Clone rinato in un altro mondo, Kieko (Misa Shimizu) fa le stesse cose dell´altra, ma sotto lo sguardo vigile dell´anguilla.
    Nulla accade in questo paesaggio lunare e acquatico, se non che il passato torna a turbare Takuro e Kieko. Lei è rimasta incinta di poco i buono, che ha cercato di derubare il deposito bancario della madre di Kieko, ex manager, ora eccentrica signora che si crede la Carmen di Bizet. Lui è perseguitato da un ex compagno di carcere, che minaccia di svelare la sua identità. E tutto finirà in una bagarre tra gli strani personaggi che vivono vicino al fiume, e la banda cittadina, in completo scuro, che cerca Kieko e i soldi. Tra colpi di rasoio,obtte e minacce. Takuro si sveglia dall'ipnosi, difende Kieko e dichiara di essere il padre del bambino che nascerà. Adesso sì che può liberare l´amata anguilla, non ha più bisogno di un´assistente spirituale. Il giappone del sesso, del sacro e del sacrilegio di Shoei Imamura lievita in questo Unagi