SHOEI IMAMURA,
Coscienza Critica del Giappone




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  • Un cinema alla ricerca dell´identità dell´anima giapponese

    Il critico giapponese Sato Tadao ha rilevato nelle opere di Imamura tre direttrici d´influenza:
    "Prima di tutto, «Lo sguardo di Imamura al mondo dei poveri e la sua comprensione delle radici della loro energia ... hanno orientato la formalizzazione del suo stile». In secondo luogo, «indagando nelle vite dei diseredati (girovaghi, criminali, prostitute, coreani in Giappone, coloni indigeni, soldati rimpatriati), egli descrive la coscienza del suo popolo». Infine, «il suo interesse si presta bene al realismo estremo dei suoi film, alle sceneggiature ispirate da avvenimenti reali, alle riprese in luoghi reali, alle riprese in luoghi reali, all´utilizzo di materiali di attualità»".
    Il regista stesso sembra aderire a tale disamina quando afferma: "Credo di essere all´inseguimento di una sola cosa, identica attraverso tutti i miei differenti film. É in qualche modo qualcosa che ha a che fare con l´esistenza del popolo, con ciò che è popolare, che è profondamente radicato nel popolo. Vorrei però precisare la nozione di popolare. Non sto pensando affatto alla comunità dei colletti bianchi, degli impiegati, dei salariati. Penso a uno strato molto più basso del popolo, che è denominato dal celebre etnologo Kunio Yanaguida come il popolo eterno, e cioè le persone che sono «il popolo» in modo intemporale".


    I suoi film infatti testimoniano con lucida coerenza l´originalità dell´universo tematico di riferimenti, dove la costante ricerca dell´identità giapponese si esprime nell´interesse di rappresentare la vita degli emarginati, dei sottoproletari, delle prostitute, per ridare loro la dignità storica e la rilevanza culturale, di cui sono portatori e che il potere si ostina a non riconoscere. Per questi motivi lo sguardo del regista si sofferma a descrivere la repressione che gli abitanti del Giappone hanno subito fino alla metà del XIX secolo, quando, durante il periodo Tokugawa (1603-1837), gli Shogun hanno cercato di soffocare gli istinti più naturali del popolo.
    Nusumareta Yokujo, Desiderio Rubato, 1958

    Il regista fa riferimento in tal senso a due tradizioni interne al Giappone: quella ufficiale, che accentua l´armonia del mondo del Noh, dell´arte del the, delle donne servizievoli drappeggiate in kimono e che allude al feudalesimo di un ordine sociale, basato su virtù quali la fedeltà, la lealtà e la devozione, cui fa da contraltare quella che Imamura definisce come la tradizione reale, incarnata dai suoi personaggi, a cui non è applicabile nessuna delle regole di ordine e decoro, sulle quali insiste l´autorità ufficiale. Essi sono gente naturale, perciò incivili (se civiltà significa allontanarsi dalla naturalezza), per questo si lasciano animare dalle pulsioni più istintive e appaiono come egoisti, lussuriosi, amorali e tutto sommato "innocenti".