Ferrario ha usato un vezzo cinefilo per metterci sull'avviso riguardo al riferimento che ha voluto tenere presente nell'impostazione del suo film: la citazione del film di Fassbinder è una dichiarazione interpretativa precisa rilasciata con nonchalance, quasi fosse un semplice omaggio, invece è molto più dell'ennesima prassi autoreferenziale.
La Margot del film di Fassbinder patisce stati di angoscia e nessuno dei membri della sua famiglia le viene in aiuto, si aggiunga che solo due persone hanno rapporti con lei e il parallelo con la Nina di Ferrario risulta completo. Anche dal punto di vista delle scelte narrative si riscontrano punti in comune: mancanza di un filo principale, ogni spunto accumulato possiede la stessa importanza, tutti i dettagli sono giustapposti. Elementi che contribuiscono ad aggiungere precarietà e quindi lo schermo trasuda timore e accerchiamento.
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Sensazioni ribadite dalle ripetizioni sulla banda visiva, ricorrenti immagini come la ricorsività di situazioni in Guardami, addirittura un richiamo forte allo stipite della porta più volte mostrato nel film del regista tedesco si trova nel séparé della casa di Nina composto di quadri trasparenti deformanti, che accentuano l'isolamento della pornostar e sovrappongono l'aspetto della giovane con il suo simulacro, proprio come avviene quando Margot viene ripresa allo specchio:
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il suo sguardo (soggettivo) si sovrappone a quello esterno (oggettivo), esattamente l'intento perseguito da Ferrario, che così ottiene il coinvolgimento dello spettatore, sintesi dei due sguardi, un po' Nina e un po' guardone; ma come già avveniva in Fassbinder, con questo uso delle superfici riflettenti si ottiene visivamente lo scambio tra lo sguardo della ragazza rivolto verso se stessa e attraverso il suo simulacro anche il riflesso dello sguardo su di lei da parte degli altri, compreso il nostro, che talvolta vediamo attraverso i suoi occhi benché non venga quasi mai usata la soggettiva. Altro effetto ricorrente in entrambi i film è la ripresa in plongée
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