Sai cosa vuole il capo, no? almeno un primo piano in apertura di servizio
Infatti stacchi sui primi piani si susseguono, per lasciare spazio poi a inquadrature trattenute qualche secondo per evidenziare la plasticità e dare un quadro d'insieme della situazione. Solo a questo punto della sequenza s'insegue il motivo dell'angoscia.
Bellissimo l'abbordaggio nel pub, godardiano per l'oscillazione della camera dopo la sciabolata sul bancone del bar: l'approccio assume subito l'aspetto di provocazione, incistata sul vigore possente trasmesso dai movimenti della macchina da presa, e dunque i due giovani diventano emanazione degli spettatori, invitati così ad assumere un atteggiamento meno voyeuristico e più attivo, comunque a dismettere i sorrisetti di sufficienza e cogliere la tangibilità dei corpi oltre alla tattilità facile e al di là dei mugolii quasi costanti nella banda sonora (non a caso occupata anche dai suoni angosciosi della musica industriale dell'Officina Schwartz: Flavio, l'insegnante, suona quel tipo di musica), a volte anche volutamente incongrui, fuori sincrono con le immagini per attribuire loro un compito di evocare costantemente il modo in cui la pornografia viene erroneamente intesa, o per lo meno il modo moralista con cui lo intendono le Aspesi o i Mereghetti: ipocriti, come i due ragazzi sempre più imbarazzati nel pub ("Cosa preferisci bella?", "Le donne, amore" è la battuta beffarda che pone fine al prologo, volta a dare un ultima scossa alle certezze etero dei moralisti). |
Questo dei costanti sospiri anche fuori situazione è un buon metodo per far rilevare l'artificiosità dell'autosuggestione legata alla fruizione della pornografia attraverso una sua caratteristica. Inoltre l'operatore si muove in soggettiva (fingendo così di catapultarci nella vicenda, ma la nostra partecipazione viene frustrata disseminando le inquadrature di evidenti interventi post-produttivi che ci fanno rientrare nei ranghi di semplici spettatori-voyeur, come nella fruizione di un porno) circolarmente in modo frenetico, come se fosse alla ricerca del godimento puro, del punto in cui si nasconde l'eros e, facendolo, richiama certi movimenti degli operatori nei film pornografici all'affannosa ricerca della ripresa arrapante.
Bello il doppio livello di ricordo e di presente diegetico nel frangente del viaggio in treno con bottiglia di Ceres, che si estende anche alle intrusioni ad hoc dei dialoghi con il padre, sopportabile perché si limita l'uso di questo escamotage ad una breve porzione di film.
Eccellente intuizione quella di riprendere in plongée gli accoppiamenti (esagerato dalle prove dell'operatore che inquadra da sotto e da sopra la ragazza nuova): alludendo entomologicamente alla supremazia di uno dei sessi, ma anche distanziando moltissimo lo spettatore con uno sguardo anomalo, innaturale, sensazione raddoppiata dal fatto che non c'è nulla di erotico nelle riprese delle batterie di attori intenti a pompare come in una linea di lavorazione industriale, accentuate dalla luce che fa atmosfera sodomizzante: "Anal Light!" ordina il regista Max, parodia dell'innocuo Brass.