Mefistofele è l'attore più innaturale, rappresenta l’essere contro natura con il gusto del grottesco, ma la trasparenza stavolta non è quella di Nosferatu, ma Faust e l’evocazione giovanile sono gli ectoplasmi in dissolvenza mentre il tentatore è reale, stagliato su pesanti tendaggi, trionfante. Rivela esplicitamente come le parti illuminate potentemente sono quelle meno realistiche, quelle più appariscenti sono anche quelle più apparenti e falsificanti. Trasformazioni evanescenti, ectoplasmi che si consumano come il fotogramma bruciato di L'ombra del Vampiro.
Le molteplici esposizioni hanno prodotto uno straordinario biancore, una luminescenza che però come per tutta la pellicola non è spalmata su tutta la superficie dell’inquadratura, ma attrae l’attenzione solo su una parte, appunto quella meno naturale, proprio ciò che accade a Faust sedotto dalle sirene della falsa immortalità di Mefistofele.