Risultano gradevoli e condivisibili i riferimenti a Lang, non solo quello di Metropolis, quanto la sensazione di comune dannazione che pervade M. La sua caratteristica era di disporre le masse in cerchi concentrici, per far convergere l'attenzione su un centro esaltato dall'illuminazione: e già il grande regista dell'Ufa si attirava le ire degli artisti surrealisti come Buñuel, i quali intravedevano proprio il pericolo della cancellazione delle masse a favore dell'essere superiore: "A nostro giudizio, il difetto di Metropolis sta nel fatto che il regista non ha seguito l'idea realizzata da Ejzenstejn nel suo Potemkin: vale a dire che non ci ha presentato quell'attore unico, eppure pieno di novità, di possibilità, che è la folla. L'argomento di Metropolis vi si prestava. Ci siamo sorbiti, invece, una serie di personaggi devastati da passioni arbitrarie e volgari, carichi di un simbolismo a cui non corrispondevano neppur lontanamente. Con ciò non si vuol dire che in Metropolis non ci siano folle; ma sembra, però, che rispondano a una necessità decorativa, di balletto gigantesco; esse vogliono ammaliarci con le loro stupende ed equilibrate evoluzioni piuttosto che farci capire la loro anima, la loro precisa ubbidienza a stimoli più umani, più oggettivi."
Luis Buñuel, Scritti cinematografici, Marsilio, 1984, p.141.