In Dark City l'immagine della spirale ritorna a più riprese, come un leit-motiv visivo: sadica incisione sui cadaveri del serial killer, o disegno(-gesto) "automatico" di chi ha scoperto la regola del gioco/esperimento cui l'umanità di Dark City è sottoposta a sua insaputa (ma da quanto tempo?),
La spirale come labirinto/arena-della-caccia è già presente nei graffiti preistorici; e sono dei veri graffiti quelli che il poliziotto di Dark City braccato dagli Strangers traccia con il gesso sulle pareti nere del proprio nascondiglio: una paura primordiale e folle, incomunicabile; non gli resta che tracciare segni che sono quasi svuotati della valenza comunicativa, del significato, e si configurano piuttosto come gesto. Su un piano più generale, la spirale è la figura che riassume i tratti della storia: vite che si riavvolgono in una notte che ritorna su se stessa fino alla continuità (notte eterna). Una circolarità paradossalmente sempre uguale e sempre diversa: il concetto di esperimento implica costanza/costanti e variazione/variabili, proprio come un punto che avanzando disegna una linea curva che sfiora la circolarità, la simula ma contravvenendone rigorosamente il principio basilare ovvero quella della costanza della misura del raggio. Il raggio, infatti, si riduce, progressivamente e regolarmente, impedendo la chiusura del cerchio, creando quindi una figura "in contraddizione": la spirale, un cerchio aperto, un'illusione, una trappola ipnotica per l'occhio come una "fuga" di Escher o una gotica scala a chiocciola sull'infinito. Una spirale? Forse. Vero è che somiglia in modo inquietante alla chiocciolina dell'e-mail... che lo spazio dell'omicidio sia prettamente virtuale? Che sia anche quello un ricordo trapiantato dagli strangers di qualcosa mai accaduto, o accaduto chissà a chi e chissà quando? I segni sparsi, la miriade di oggetti, l'atmosfera maledetta riconducono anche ad un altro incredibile film, "L'elemento del crimine" di Lars Von Trier, incredibile perché girato 15 anni fa... e lì cacciatore e cacciato si confondevano e riconoscevano, le idee dell'uno si mescolavano con quelle dell'altro. Alla fine del secondo millennio l'uomo si rivela essere ciò che Pirandello aveva scoperto molti anni fa: uno, nessuno, centomila. Anche a livello profondo, tematico, la spirale offre l'illustrazione esauriente del concetto dello scorrere e del ritornare del Tutto che pare informare le leggi ultime della "monade Dark City": la vita e il tempo che sono (in) incessante divenire pur restando uguali a se stessi; e, a livello cosmico, le condizioni di vita che ciclicamente si ricreano, magari grazie all'intervento del demiurgo di turno o di un dio tout-court - spirale come organicità. Sul piano del racconto, ritorna la spirale: il tempo della storia viene frequentemente riavvolto (o srotolato) come un nastro in fast-(flash)back o fast-(flash)forward, fino a creare degli imbuti del tempo, dei "mulinelli diacronici" (esemplare la sequenza a montaggio in cui si susseguono i ricordi "educativi" nel momento di preparazione alla rivincita di John Murdock: immagini e frammenti di scena distorti da simulazioni di carrellate ottiche si susseguono in un accelerato combinato con un effetto digitale che si manifesta al centro dell'inquadratura, e mima uno stato liquido dell'immagine e il suo generarsi come un rigurgito da quel nucleo-buco; impossibile non essere risucchiati. Ma si è trascinati "dentro", nell'occhio del vortice, anche dalla velocità con cui si sussegue l'ennesima ondata di informazioni. Un ritmo di sviluppo della storia, una velocità di evoluzione dell'intreccio che nel resto della narrazione era sottolineato e supportato principalmente dal commento musicale). |