(idee non troppo confuse sul "realismo deformato")

Il disvelamento progressivo dei meccanismi "narrativi" di Dark City (la città e il film) ne fanno un'opera meta-finzionale, oppure, se si accetta la nostra proposta di definizione, meta-realistica nella deformazione; uno sguardo dall'alto, presuntuosamente quasi divino, su uno stato delle cose che nessuna panoramica avrebbe potuto cogliere, dato che era necesario elevarsi intellettualmente anche al di sopra degli angeli sopra la città.
A questo punto si deve decidere chi seguire: un visionario colto e dal citazionismo raffinato che smaschera definitivamente (e in un certo senso rovina) il giocattolo tutto americano che con The Game (film decisamente più raffinato) aveva raggiunto il paradosso, ma sembrava aver ancora buona polvere da sparo in serbo (almeno fino a quando Ferrara continuerà a dare il cattivo esempio); oppure andare a ritroso e approfittare del punto di vista privilegiato nell'occasione, per incontrare alcuni tratti comuni, identificare tendenze in corso e/o in esaurimento per quello che è stato, non solo quantitativamente, il cinema più grande di questo decennio.