(idee non troppo confuse sul "realismo deformato")
Peccato per l'incipit ispirato ("Dapprima c'era l'oscurità": le prime parole di impianto biblico servono soltanto a evocare la genesi) ed il finale consolatorio, improntato a ribadire la banalità new age con il protagonista risolutore che, preso atto della mancanza di vie d'uscita, dopo essersi costruito la personale corretta weltanschauung, invita indirettamente ciascuno ad essere demiurgo di se stesso e creare il proprio universo, visto che la realtà non esiste e tutto è illusione. Soltanto che poi John Murdock impone il suo ordine, i suoi simboli (la spiaggia delle conchiglie, Shell Beach), i suoi stimoli: il molo, che rappresenta l'amore (solo per lui ed esclusivamente quell'amore di una delle sue vite) mai realmente vissuto, benché sia chiaramente stampato nelle menti e nei corpi dei due coniugi, e che gli offre l'intuizione per sconfiggere la tecnologia cerebrale dei nemici. Inventa l'immagine di un surrogato di mare, che egli sa essere una nuova illusione, ed infine fu la luce (divina?). Perché lasciare ad altri il condizionamento della nostra percezione? Rimane la tristezza e la nostalgia per il mondo perduto, sostituito da un succedaneo laboratorio labirintico, qualunque ne sia il prodotto: gotico o arcadico. |