È un film in cui si inseriscono nella diegesi le interruzioni pubblicitarie, in modo più elegante di quanto non fece Fellini: infatti esse sono indispensabili all´evolversi della trama. E sono anche metafore delle manie e delle ossessioni di fine millennio. Non esiste aspetto squalido della società, che non venga occupato dalla pubblicità e quindi attraverso di essa può venire scardinato qualunque mito.
Cominciando dal primo spot proposto dai creativi. La critica al fulmicotone si abbatte in questo caso anche sulla saccenza vuota dei registi, di cui Toto Pescante è il prototipo. Egli presenta uno spot che difficilmente potrebbe essere più vacuo, privo di spunti rimarchevoli e stucchevole (d´altronde il capo dell´agenzia non a caso si chiama Stucchi). Viene rifiutato dal mecenate, che proporrà lo spot poi adottato. Questo invece mette in fila la peggior sfilza di buoni sentimenti, paternalismo, famiglia. Privo di gusto estetico: dozzinale.
Tra questi due scorre lo spot europeo, inventato dall´intellettuale asservito al regime: un pezzo beffardo sull´europeismo d´accatto di certi presenzialisti, caricature desunte dal Maurizio Costanzo Show. A tanta piaggeria fa seguito un short cuts stile soap opera (¨Canaglia per chi non se la squaglia¨ è il geniale slogan associato). Dopo uno sforzo di tale portata (tutti gli spot realizzati potrebbero essere trasmessi senza apparire fuori luogo in una serie di passaggi televisivi), risulta palese che l´autore è meno interessato a stigmatizzare la banalità della merce, quanto a metterci di fronte alla nostra insipienza di consumatori e prima ancora di spettatori onnivori. Alla stregua degli umani ritratti in questo film (o con meno recrudescenza e ironia già in Il pianeta della scimmie) Nella condanna sono coinvolti anche i manifestanti, ritratti nichilisticamente come testimonial di una marca di scarpe e capaci di bastonare solo il povero cane al momento dell´assalto al Palazzo (legittimato dal fatto che una delle sequenze più famose del Potëmkin e che fomenta la rivolta è quella in cui la carne della cambusa si scopre infestata dai vermi).
Alla riemersione da questi corrosivi flash, derisori in prima istanza proprio di coloro che li creano, viene perfidamente smontato l´auto-compiaciuto ideatore di simili boiate a cui assistiamo quotidianamente incorniciandolo in una graduale dissolvenza, che lo riporta a fuoco, richiamandolo dal suo mondo d´incanto, mantenendogli la sua aura profetica, adottata con lo stato ipnotico indotto dalla sua stessa visione creativa. Come se si riemergesse ad un fantomatico stato di coscienza, smarrita dal sonno della ragione, proseguendo in questo ambito lo stile di Strane Storie.