Editoriale

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6/10/2000
Quattro tempi: il motore pubblicitario della RAI

Si sarà accorto, il lettore, magari guardando le acrobazie di Cage e Travolta in <Face/off> (qualche sera fa su Raidue) di un artificio nuovo di zecca introdotto dalla televisione di Stato durante la trasmissione dei film: è la divisione dell'opera in quattro "tempi" e serve ad incrementare il numero degli spot, annunciati non già da un jingle ma da un ambiguo cartello (al consueto "secondo tempo" segue un "terzo tempo" e così via).

Sul tema della vivisezione del prodotto cinematografico condotta dalle reti commerciali fu indetto un referendum, il cui esito diede largamente ragione ai signori della pubblicità; per cui ha poco senso invocare la lesa integrità dell'opera (che una volta fatta a brandelli non è più, in ogni caso, "film". Si amava dire, negli anni ruggenti del cinema, che il taglio definitivo di una pellicola non avveniva in sede di montaggio, ma in sala: era il proiezionista in cabina, con tutte le rudezze del caso, a mettere insieme i rulli del film e ad offrire allo spettatore il proprio, personalissimo "cut".

E' chiaro che la televisione ha preso in consegna pure quest'ultimo residuo romantico della proiezione, nella misura in cui è il venditore di detersivi ad insediarsi proditoriamente fra un'inquadratura e l'altra, dettando il montaggio.

Ma nella brutalità con cui il venditore è solito affacciarsi agitando chincaglierie, c'è l'irruente sincerità di chi dice agli spettatori: se interrompo le immagini è perchè né a me né a voi importa qualcosa del film in quanto tale. Invece la gravità dell'operazione della Rai sta nell'inganno delle parole, nel mascheramento ipocrita e fraudolento del linguaggio rituale-autoritario: si vuole far credere a chi guarda che l'opera messa in onda venga rispettata nella sua integrità, perché l'emittente statale è in fondo il baluardo per la difesa della cultura e delle arti contro l'invasione del rozzo e insensibile concorrente; mentre in realtà, non diversamente dall'Unno, si tratta il film come contenitore promozionale.

L'ente televisivo di Stato prende <Face/off> e lo trasforma in altra cosa: attribuendo però a <Face/off> lo statuto ontologico di "film", e rafforzando il proprio giudizio mediante il ricorso ad una struttura del discorso solida e familiare (i "tempi"), esso sottrae con gesto scaltro la manipolazione alla vista del riguardante. Come fa un imbroglioncello di strada nel gioco delle tre carte.

Per completare il quadro, il film è stato trasmesso in un formato diverso dall'originale, operando un pan&scan a 1:85.1 sul 2:35.1 dell'originale. Insomma, uno scempio.

Luca Bandirali e Federica Arnolfo

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