Editoriale

Editoriale

13/2/2002
Porto Alegre a... Torino

Afsaneh-e eshgh

Director: Farhad Mehranfar
Additional Credits: Producer Mohammad-Reza Sarhangi Screenwriters Farhad Mehranfar, Mohammad Rezaee Rad Cinematographer Nader Masoomi Editor Shahrzad Pooya Cast Maryam Moqadam, Yusef Moradian, Hawass Palouk
Distrib.: Coe

Tinpis run

Director: Pingau Nengo
Additional Credits: Producer isao Iino Screenwriters Ibuse Masuji, Imamura Shoei, Ishido Toshirúæ Cinematographer Kawamata Takashi Editor Okayasu Hajime Cast Suzi Buri, Gerard Gabud, Leo Konga, Rhoda Selan, Stan Walker, Oscar Wanu
Distrib.: Coe

Kuroi ame

Director: Imamura Shoei
Additional Credits: Producer Mohammad-Reza Sarhangi Screenwriters Farhad Mehranfar, Mohammad Rezaee Rad Cinematographer Nader Masoomi Editor Shahrzad Pooya Cast Tanaka Yoshiko, Kitamura Kazuo, Ichihara Etsuko, Ozawa Shoichi, Miki Norihei, Ishida Keisuke, Hara Hisako, Yamada Masato
Print Source: Cima Media International

Faat Kinè

Director: Sémbene Ousmane
Additional Credits: Producer Wongue Mbengue Screenwriters Sembene Ousmane Cinematographer Dominique Gentil Editor Kahéna Attia Cast Venus Seye, Mame Ndoumbé, Ndiagne Dia, Mariama Balde, Awa Sene Sarr, Tabata Ndiaye
Distrib: Coe


Omologazione

Signori di anelli che come Harry Potter sembrano rimestare sempre nello stesso immaginario; figuri ambigui che, non nuovi a operazioni sospette di collateralità con la destra, esaltano case cinematografiche tedesche in piena occupazione nazista in Francia, per sostenere operazioni alla Amelie, che esaltano l'evasione e con la tipica aria trasognata della giovane pulzella (a cui non si sottrasse nemmeno la Nouvelle Vague) suggeriscono l'idea che questo sia il miglior mondo, comprensivo nell'accezione culturale anche della componente diversa rivendicata dai Social forum. Mi sembra la stessa manovra di Laissez Faire per ricondurre la società francese secondo binari berlusconidi di totale disimpegno e revisione della storia; l'incanto proposto attraverso gli occhietti sognanti e sbarazzini della giovane pulzella sembrano fatti apposta per irretire l'immaginario francese (tutti apprezzano questa aria transalpina che è sempre stata presente nelle produzioni dell'eccezione culturale, persino nella nouvelle vague il perno era una signorina molto francese) e condurlo a un'omologazione nazionale e un po' conservatrice, rinchiudendosi nel fatato mondo riconoscibile come familiare dai cugini d'oltralpe. Comincio a credere non tanto al complotto consapevole della destra quanto alla spinta interna a quella società verso pulsioni involutive e reazionarie, quelle stesse individuate e combattute da Izzo nei suoi romanzi su Montale in quella Marsiglia di cui era indispensabile recuperare altre forme di riconoscimento comune, più civili e dense di significati contro una cultura di superficie patinata. L'eccezione culturale che appiattisce sulle proposte sentimentali, piene di buoni sentimenti, dove non ci sono problemi: non è difficile trovare lo stesso sostrato, le medesime suggestioni, le identiche infezioni che ammorbano il cinema mainstream; uguali inflessioni che sarebbero facilmente scardinate da visioni alternative.

Porto Alegre

Cinemah non ha i finanziamenti per scavalcare il catino che divide l'isola di Goré dalla terra che vide le sacre imprese dei conquistadores. Allora decido di assistere a proiezioni di quei prodotti eterogenei, eclettici, difficilmente omologabili e costruirmi qui, a Torino, una mia Porto Alegre di visioni che globalizzano le conoscenze, le coscienze e non le merci, mettono a disposizione immaginari insospettabili per Tavernier, come per Hollywood. In questo mi assistono il cineclub di Collegno e la sala 3 del cinema Massimo e qualche distributore benemerito, come la KKC e la Mikado. Il viaggio che ho fatto è iniziato mercoledì 30 gennaio, insieme al Forum dei Forum di Porto Alegre e prosegue tutt'ora, toccando le isole Papuase, le montagne del Kurdistan, gli scontri generazionali a Dakar e la memoria della prima orribile spedizione punitiva del gendarme del mondo: 6 agosto 1945, la Pioggia nera di Imamura Shoei. Il mio vagabondaggio proseguirà con gli Hijos di Argentina, orfani fino a dicembre, per concludere prima del cacerolazo global previsto il 16 febbraio le tappe della rievocazione della cinematografia sudamericana, che trova una beffarda e ribalda sponda asiatica nella pellicola più anarchica e liberatoria di Imamura: Eijanaika.

Un'amica ha avuto una felice espressione che ho subito rubato per condensare la sensazione che si trae dalla vertigine derivante dalla babele di linguaggi cinematografici quando si esce dall'appiattimento occidentale per entrare in questo flusso ininterrotto di frames provenienti dall'altro mondo, quello possibilmente in costruzione: "sembra di veder scorrere una pellicola presa a morsi".

  • Questioni di pelle e generazioni
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