LOCUTORIO FIN DE MUNDO
    Wong Kar Wei approdava al faro di Ushuaia per depositare le sue tristi storie, viceversa Adriano Sofri scontò nel ´91 un pellegrinaggio propedeutico alla Fin de Mundo, dove, lui, predestinato alla reclusione, fu ammaliato dalla struttura del penitenziario, che aveva ospitato anarchici come Simon Radowitzky (giustiziere del Capo della Polizia di Buenos Aires il primo maggio 1909) e serial killer, Gardel e Petisso. Da quella languida baia nel canale di Beagle prende l´avvio il suo video, montato dal figlio Luca con le quindici ore di nastro, girato da Roberto Pistarino, sulle tracce lasciate dalla pellicola impressionata da De Agostini, un missionario salesiano, che catturò le immagini della civiltà, che il suo ordine stava contribuendo a far scomparire.
    Quello che ha maggiormente colpito l´intellettuale italiano, confessa in un´intervista rilasciata in carcere e filmata da Armando Ceste il 26 maggio 1998, fu la percezione di una terra estrema in ogni sua manifestazione, dove la fin de mundo è avvenuta già più volte e questo ha disteso un velo di tristezza, descritto splendidamente dai grigi della fotografia di De Agostini, che fonde il nitore dell´algido blocco di ghiaccio fragorosamente staccato dal Perito Moreno con le plumbee nuvole specchiate nel calmo grigiore della baia: una gamma di grigi che incute timore eppure restituisce calma e languore a migliaia di chilometri dal tango porteño, laddove non può dare serenità; lo struggimento trasmesso da questa terra, su cui aleggia Volver di Gardel nel finale del video di Ceste, è acuito dalla presenza del penitenziario, ormai riattato a museo etno-oceanografico. Infatti, come recepisce acutamente Sofri, lì si va per sentire la presenza di quello che esisteva, non solo e non tanto per quello che c´è. E ciò che rimane sono tutte le storie del mondo, che una volta consumate vengono scaricate laggiù; ma spesso anche gli uomini rimangono impigliati nelle sensazioni nascoste in quel luogo.
    È sintomatico che il sequestrato a Pisa coi suoi due compagni non ricordi o neghi che sia mai riuscita una fuga da quel carcere, invece una delle innumerevoli storie fuegine ricorda che un contrabbandiere anarchico di origine napoletana riuscì a trasportare lontano alcuni detenuti politici sfuggiti dal mitico penitenziario: forse da parte del leader di Lotta Continua si tratta di scaramanzia, o forse preferisce pensare che il posto assegnatogli dal destino è in cella a custodire le storie apprese nei suoi viaggi, sedimentate nel film e pubblilcate nei racconti di Coloane e nelle novelle di Sepulveda. Nelle poesie di Neruda, nei miti incarnati dai ribelli mai integrati dai civilizzatori o sedicenti tali, che evangelizzarono distruggendo abitudini, ottenendo di minare nel fisico gli indios, e corrompere l´ambiente (l´introduzione dei castori, sorvolata a volo d´angelo nel video, fu letale per l´equilibrio dell´ecosistema). Tutto ciò è documentato nel video a partire dalla tristezza per lo sterminio degli Alakaluf e degli Ona. E Sofri dal ¨magazzino della marginalitਠva ad estrarre l´ultima ona ancora viva, come Sepulveda in modo più epico rievoca un´altra ultima rappresentante degli ona, mentre Coloane riprende una suggestiva storia per rappresentare la strenua difesa degli indios. Disperato quest´ultimo estremo grido di esistenza, quanto Sepulveda è lirico, militante, indignato, ed altresì Sofri è laconico, orientato a far trasparire la violenza subita da un popolo attraverso la sineddoche che incentra la parte per l´intera etnia in Virginia Choquintel, imbottita di psicofarmaci, triste ospite di un ricovero, colma di rancore, a cui si abbarbica come estrema sfida a Dio, l´idolo impostole fin da bambina nella missione salesiana, per dimenticare una civiltà capace di resistere per secoli ai rigori del Canale di Beagle, ma non alla evangelizzazione. Dai particolari sugli esotici occhi affiora tutta la nostalgia di una terra inospitale, che in virtù di questo sterminio concede cittadinanza immediata a chiunque venga spinto laggiù dalle tempeste della vita.
    Intanto quelli che l´hanno preceduto osservano, perché ¨nulla mette più allegria dei naufragi altrui¨, commenta Sofri, alludendo forse all´incipit del II libro del De Rerum Natura di Lucrezio
      Suave, mari magno turbantibus æquora ventis,
      e terra magnum alterius spectare laborem;
      non quia vexari quemquamst iucunda voluptas,
      sed quibus ipse malis careas quia cernere suave est.
      Piacevole, mentre l´immensa distesa del mare è sconvolta dai venti,
      trovarsi spettatore da terra del grande travaglio di altri
      non per allegro godimento che qualcun altro sia tormentato,
      piuttosto riconoscendo da quali mali si sia lontano accorgersi che è dolce.
    Anche se per lui non si tratta di rimirare la propria esenzione dai travagli, quanto di anticipare i propri. E mai titolo fu citato più a proposito, poiché tutto a sud di Magellano è natura selvaggia e l´appartato approdo di Ushuaia riesce a infondere quello stato d´animo di chi al cospetto di forze paniche inaffrontabili si sente confortare dal fatto di sentirsi al sicuro dalle spaventose procellæ descritte da Coloane, scandalosamente soppiantato da Chatwin nelle citazioni di Sofri, che cerca e intervista anche Carlita Bridges, discendente del primo inglese impiantatosi laggiù e visitato dallo scrittore britannico. Il reportage si sofferma lungamente su un cerino sul quale un detenuto ha pazientemente inciso il testo miniaturizzato dell´inno nazionale argentino, in particolare sardonicamente insiste sul ritornello ¨Libertà, libertà, ascoltate il rumore delle catene infrante¨