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56ª Mostra Internazionale del Cinema
di Venezia

Intervista a Jerzy Stuhr, regista di Tydzien Z Zycia Mezczyzny (Sette giorni nella vita di un uomo):

 

Lei recita anche in teatro. Volevo chiederle quali sono, secondo la sua esperienza, le differenze tra il modo di recitare sul palcoscenico e davanti la macchina da presa.

Io non sono soltanto un attore di teatro, ma anche un insegnante, cioè insegno recitazione ad aspiranti attori teatrali. E' un mestiere completamente diverso. In teatro io recito per tanta gente. Allora devo essere preparato per recitare per una massa. Allora devo studiare la voce, il corpo, e così via. Quando sono davanti alla macchina da presa, viceversa, io parlo con uno spettatore, non è necessaria una simile preparazione preliminare.

Quindi mi sta dicendo che secondo lei recitare in teatro è molto più difficile.

Assolutamente sì. Lei lo può vedere, gli attori del cinema non possono quasi entrare in teatro, invece capita che un attore di teatro si metta a fare cinema. Poi c'è un'altra cosa che reputo importante: in teatro posso creare una personalità che può essere completamente diversa dalla mia. In teatro posso sfruttare i costumi, il trucco, la voce, posso cambiare tutta la mia personalità per creare un altro essere umano lontanissimo da me. Al cinema, nel mio cinema, invece, devo spogliarmi di tutti i mezzi superficiali. E' una operazione completamente diversa, anche se lo scopo alla fine è lo stesso, cioè ottenere una certa verità. A volte capita anche al conema di creare una personalità che non è la tua, ma pochissimi grandi attori, che so, Anthony Hopkins, Marlon Brando a volte, ci sono riusciti.

A proposito del personaggio: rispetto al suo primo film, dove c'erano quattro personaggi diversi, qui ce n'è uno solo, che però presenta sfaccettature diverse...

Ecco, questo personaggio è un esperimento: volevo creare un personaggio abbastanza diverso da me. le sue sfumature di carattere diverso appartengono alla sua natura molto dubbiosa, e in più c'è da considerare il fatto che tutti noi abbiamo una faccia in pubblico e - spesso - un'altra nella vita privata, molto diversa rispetto alla prima.

Parliamo del rapporto adulti-bambini, che lei nei suoi due film ha visto come qualcosa di molto complicato: in "Storie d'amore" c'era una bambina che era figlia di un prete. In questo suo nuovo film ci sono un bambino che viene prima preso in affidamento e poi restituito, e una giovane mamma che abbandona la sua bambina...

Vede, per come la vedo io, prendersi cura dei bambini è una delle cose più difficili che ci siano. Quando si decide di avere dei figli bisogna essere estremamente coscienti di quello che si sta facendo, anche perché è un "lavoro" che non finisce mai, neanche quando i figli crescono. E' un tema che sento molto, quindi forse per questo nei miei film i rapporti coi bambini sono i più complicati, non sono mai totalmente sereni.

Si', ricordo la bellissima frase con cui chiudeva la storia del prete nel suo primo film: "scelgo colui che è il più indifeso". Per curiosità: la sordità del bambino dell'orfanotrofio, in qualche modo è volutamente in correlazione con la "sordità dei sentimenti" della moglie del protagonista, che prima vuole adottare il bambino poi ci ripensa?

No, in verità non avevo questa intenzione. Era una cosa molto più realistica: mi hanno raccontato in un orfanotrofio dove sono andato a documentarmi quando ho iniziato a lavorare al film che ai bambini succede spesso, quando cambiano ambiente, che alcune cose nel loro organismo cominciano a non funzionare bene.

Forse è una forma di difesa...

Sì, ma a me interessava anche far vedere come il mio protagonista fosse capace di oltrepassare questi ostacoli: lui riesce ad avere un rapporto molto sincero col bambino, riesce a comunicare con lui, a differenza della moglie, un personaggio disperato perché si accorge di non saper e non poter amare. Anche se il gesto di lasciare il bambino è un atto di profonda onestà.

Certo, perché lei si rende conto che ormai è troppo tardi. Un'ultima domanda, una curiosità: ma il problema dell'evasione fiscale è così grave anche da voi?

Assolutamente sì! E' un tema attualissimo nel nostro paese, i partiti per farsi eleggere usano sempre lo slogan "scegliete noi che abbassiamo le tasse". Il cambiamento del sistema ci ha portato un sacco di problemi, e forse da noi la cosa è anche più grave, perché bene o male voi siete abituati da anni, mentre per noi è una vera doccia fredda, e sta tirando fuori i lati peggiori dell'uomo: furbizie, scappatoie, si trova sempre il modo per evitare la legge.

(Intervista realizzata da Federica Arnolfo)

 

Archivio:
1998

 

 

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