Festival Internazionale Cinema Giovani

Recensioni
Annotazioni sospese nel tempo "reale" del Festival

Arturo Ripstein
Profundo Carmesí
di Arturo Ripstein
Mexico 1996
(C'e' anche un'altra recensione!)

Profundo carmesí (id; t.l. Profondo Rosso), di Arturo Ripstein. Sceneggiatura, Paz Alicia Garciadiego. Con: Julieta Egurrola (Juanita Norton), Bianca Florido (Mercedes), Giovanni Florido (Carlitos), Rosa Furman (Sra. Morrison), Daniel Giménez Cacho (Nicolas Estrella), Sherlyn Gonzalez (Teresa), Veronica Merchant (Rebeca San Pedro), Regina Orozco (Coral Fabre), Marisa Paredes (Irene Gallardo), Patricia Reyes Spíndola (Sra. Ruelas). Francia/Spagna/Messico, 1996. Dur.: 1h e 54'.

 

Ispirato ad un fatto di cronaca. Un'infermiera, Coral Fabre: vedova, con due figli a carico, tonda come saltata fuori da un quadro di Botero, affamata d'amore, divoratrice di romanzi rosa d'appendice e di riviste per cuori solitari, innamorata dell'attore Charles Boyer... Un barbablù-gigolò, Nicholas Estrella: vedovo (ma non per cause naturali), fascinosamente latino (di origini spagnole), borsalino sulle ventitrè, tupé per celare una calvizie parziale che lo ossessiona come una maledizione, gran corteggiatore, profittatore che si serve degli annunci di una rivista per cuori solitari per avvicinare donne sole... La stessa rivista che legge, in un paesino sperduto in qualche angolo di Messico, Coral. Si incontrano: il loro rapporto passa bruscamente da quello cinico di vittima-truffatore, a quello di amanti; infine, parallelamente a quest'ultimo, a quello di complici affiatati. Una striscia di sangue seguirà la loro auto, i loro spostamenti: fino a raggiungerli. Ispirato ad un fatto di cronaca. Come lo era "The Honeymoon Killers" (I Killers della Luna di Miele, 1970), di Leonard Kastle. Amour-fou, amore folle? O piuttosto: folli innamorati? O più semplicemente due perdenti solitari, bersagliati dal destino e dalla natura, che una volta aggrappatisi ad un barlume di felicità non vogliono più mollarlo? O, ancora, due ignoranti, stupidi e presuntuosi, che trovano giustificazione - nella loro distorta visione di un romanticismo da carta stampata - per ogni tappa della loro discesa agli inferi, del loro percorso di abbrutimento? O, magari, più forzatamente, "Profundo Carmesi" come metafora politica a tinte forti - un potere sistematicamente basato sulla brutalità sarà sempre più spaventoso e spietato dei più allucinanti/allucinati pluriomicida? Forse una sintesi di tutto questo: stupidità, ignoranza, presunzione, cinismo, solitudine, acidità corrosiva verso tutti coloro che hanno qualcosa (uno scopo, un affetto, una fede), egoismo, mancanza di equilibrio e di senso della realtà in reazione ad un mondo cattivo... (?) Profundo Carmesi è una grande storia d'amore: il sogno ad occhi aperti, e quindi stravolto, allucinato, di due loosers costretti dalla propria condizione fisica-sociale-economica a vivere miseramente, ad elevare il cinismo a pratica di sopravvivenza... a vivere la vita in tragica condizione di non-alternativa. Nel momento in cui si innamorano, si contagiano a vicenda (lei con il fiato che puzza di morte a causa della formalina che utilizza all'obitorio, lui con le carezze ed i suoi modi viscidi, untuosi), si annientano: il rosa appiccicoso balza fuori dalle pagine ingiallite di riviste lette-e-rilette, per attenuare il rosso scuro del sangue raggrumato, per annegarne l'umanità risparmiando solo un esclusivo sentimento reciproco. Due appestati d'amore; ed attorno -punto di partenza, d'arrivo, di fuga: d'immobilità- il Nulla: solo spazi desertici, pietre, cielo piatto, una strada da percorrere avanti ed indietro. E naturalmente vittime: organismi da avvelenare per immunizzare il proprio, sogni da infrangere per preservare il proprio, figli da uccidere per dimenticare i propri, bellezze da sfiorire per cancellare l'alternativa alla propria bruttezza, certezze e fedi da incrinare per ovviare al proprio spaesamento... : i propri difetti, le proprie mancanze, le proprie deficienze, scompaiono automaticamente in mancanza di termine di paragone. Stupido ingenuo umano. Surrealismo ed iperrealismo si fondono per animare un noir inquietante e riuscito che gronda humour fino a quando, in maniera inversamente proporzionale al tasso di cecità dei protagonisti e al livello di violenza gratuita, la vena non si esaurisce e lascia spazio all'orrore che è proprio delle efferatezze. I protagonisti si ritrovano intrappolati nel proprio loop: come se da premesse squallide (le modalità e le motivazioni del primo incontro) non fossero stati in grado di trarre conclusioni effettivamente rosee. Non resta che rivolgere contro se stessi la medesima violenza, in un delirante tentativo di autolesionismo e catarsi: un'esecuzione sommaria diventa "il giorno più bello della mia vita", estrema mistificazione, punto di non ritorno, rosso trampolino per un'eternità rosa confetto. Amore e Morte, per l'ennesima ed ultima volta: connubio già visto, certo; scontato, d'accordo; ma perfettamente rispecchiante il loro immaginario, profondamente, sinceramente, malatamente kitsch.

l.a.


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