Festival Internazionale Cinema Giovani

Recensioni
Annotazioni sospese nel tempo "reale" del Festival

16/11/1997
Arturo Ripstein
La hora de los niños
di Arturo Ripstein
Messico 1969

Sceneggiatura: Arturo Ripstein, Pedro Fernàndez Miret. Fotografia: Alexis Grivas. Scenografia: Julio Alejandro. Montaggio: Rafael Castanedo. Musica: Carlos Jiménez Mabarak. Suono: Jesús Gonzáles, Galdino Sampiero, Reinaldo Portillo. Interpreti: Marga López, Jorge Martínez da Hoyos, Enrique Rocha, Blanca Sá Carlyle, Paul Barber, Steve Huison, Tom Wilkinson, Mark Addy. Produzione: Fox searchlight Pictures.

Quanto dura un'ora del bambino?
Ripstein fa un film didattico, educativo per i "grandi", insopportabile nella sua violenza pedagogica.
Esattamente dopo un'ora (il film dura 65 minuti) si conclude il calvario dei due protagonisti, un bambino lasciato a casa dai genitori lanciati verso la mondanità e un clown patetico affittato per l'occasione.

I due si studiano all'inizio, e in principio si alleano brevemente per ingannare i genitori, preoccupati che il bambino non si spaventi per le storie che un estraneo gli racconta. Ma la messa in scena dura poco: basta che si oda l'automobile dei genitori in partenza e fra i due prende il via una guerra di sguardi, anche non diretti. Sguardi che raccontano e che si parlano, e comunicano all'uno il disagio dell'altro. Sguardi così intensi da costringere a volte lo stesso regista a divagare, un po' per rendere con lunghe inquadrature fisse su oggetti la spossatezza di questo rapporto, un po' anche per deviare la tensione, che finirebbe per far esplodere il film.

Finalmente, il clown sembra trovare il bandolo della matassa dopo aver cercato rifugio in un giornale: estrae dal quotidiano la cronaca di un naufragio (il Titanic?) e la trasforma in una surreale fiaba per "bambini cattivi", raccontando l'avvenuto come se tutti i passeggeri fossero stati piccoli infanti.

Il bambino si addormenta, ma Ripstein è, ormai lo si è capito, allergico al lieto fine e il film, la sua atmosfera tesa trasmette una sensazione di incompiutezza. Manca una risoluzione, il ritorno verso la realtà sordida che ha messo in moto il meccanismo (semplicissimo, anche questo è un marchio di Ripstein: trarre da situazioni elementari e chiare il massimo dell'intensità, grazie a un tocco di irrazionalismo surrealista che crea piani obliqui di scivolamento della coscienza). Infatti, manca il pagamento del clown, che interrompe il sonno conquistato dal bimbo per cercare eventuali banconote o assegni lasciati dai genitori; in mancanza di questi, prende un pegno, ma come può portarlo, sotto una pioggia battente e sotto lo sguardo del bambino?
Così è passata "l'ora dei bambini", lunghissima e crudele.

Marcello Testi


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