Festival Internazionale Cinema Giovani

Recensioni
Annotazioni sospese nel tempo "reale" del Festival

13/11/1997
¡Qué viva México!
EL ESQUELETO DE LA SEÑORA GONZALES
di Rogelio A. Gonzales
Messico 1960

Soggetto: Luis Alcoriza dal romanzo El misterio de Islington di Arthur Machen. Sceneggiatura: Luis Alcoriza.Fotografia: b/n Victor Herrera. Scenografia: Edward Fitzgerald. Montaggio: Jorge Bustos. Musica: Raúl Lavista. Suono: Luis Fernández, Galdino Samperio. Interpreti: Arturo de Cordoba (Dott.Pablo Morales), Amparo Rivelles (Gloria), Elda Peralta (Signorina Castro, commessa), Guillermo Orea (professore), Rosenda Monteros (Meche, domestica), Luis Aragon (Elodio), Mercedes Pascual (Lourdita Mendiolea), Antonio BRavo (Padre Artemio Familiar), Ángelines Fernández (Clara, sorella di GLoria), Armando Ariiola (signor Armando). Produzione: Alfa Films, Sergio Kogan.Riprese: effettuate negli studi di Churubusco.


Prossima Proiezione: venerdì, 21/11 ore 22 MassimoTre

Uso dell'espressionismo in funzione spietatamente anticlericale. È una commedia acidissima, che dipinge la condizione controriformista vissuta dal Mexico nei tardi '50s. Le inquadrature ricordano i film gotici inglesi, soprattutto nelle riprese in grandangolo degli interni di una lugubre casa che il protagonista definisce ¨vecchia e orribile¨; la sensibilità barocca è acuita dall'esposizione di animali impagliati e dagli scheletri in vetrina, utili a sottolineare l'atmosfera malata, che aleggia sulla coppia malassortita a causa della mania mistica di Gloria, invasata anche dalla frequentazione di un parroco con molte impuntature integraliste, esibite fin dalla prima sequenza, dileggiato elegantemente nella sua intransigenza dal taxidermista, la cui cifra essenziale per tutto il film è quella di una solare tranquillità mescolata ad una sardonica ironia.

Gli spunti più divertenti sono offerti dall'assurdità della castrazione di tutti i piaceri perpetrata dall'ossesione della moglie, la cui frase ricorrente è: ¨Lavati le mani e disinfettale¨. Ma la figura della povera infelice è complessa e proposta con mille sfaccettature, nonostante la monomaniacalità: a tratti appare persino indifesa, ma solo per confermare la complicità degli spettatori con il marito vessato persino nelle legittime pulsioni sessuali. Il malcapitato riesce a rintuzzare tutte le intrusioni della censura clericale nella sua vita, finché rimane vittima di una turpe messinscena e si scatena il piano diabolico, già proletticamente introdotto dal discorso sul delitto perfetto, intavolato nella pulqueria.

L'intreccio dei film di quel periodo è spesso prevedibile, ma il piacere della visione è racchiuso nella condivisione del volto beato dell'imbalsamatore, finalmente liberato dal beverone avvelenato, che fa giustizia dell'invasata; il sorriso permane nell'animo degli spettatori e si trovano comunque molteplici momenti di godimento anche nel grottesco processo intentatogli dalla congrega di bigotti e scandito su un buon ritmo di montaggio delle testimonianze, nel gusto del macabro tipicamente latino (senza il gore statunitense) che si esprime nei monologhi allucinati con lo scheletro a cui viene subito ridotto il cadavere della moglie, nei siparietti macchiettistici di cui è protagonista il prete (ridicola la ¨danza¨ da un campanello all'altro dopo l'uxoricidio e la sottolineatura del suo personaggio monocorde e apodittico attraverso espedienti registici quali le riprese solenni dal basso o la illuminazione fortemente drammatizzata).

Il colpo di teatro con cui viene assolto, rivoltando a suo favore la nomea di santa evidenziata dalle testimonianze su Gloria (¨Chi ucciderebbe una santa?¨) è pari solo al grottesco finale nel quale il dubbio su una sorta di moralismo, che potrebbe volere punito il colpevole secondo gli anatemi del prete, viene stemperato dalla sensazione che si tratti solo di un espediente per dare la degna conclusione ad un intreccio sempre sopra le righe nelle situazioni e macchiettistico nei personaggi di contorno, ma garbato nelle battute e dunque la sequenza finale, preparata da una studiata inquadratura precedente sulla bottiglia, sia stata dettata soprattutto dalla consapevolezza che non ha importanza tanto l'intreccio, quanto il piacere di raccontare, mettendo alla berlina l'integralismo cattolico.

Il senso di spaesamento è infuso dall'eredità surrealista che si innesta sull'ambientazione gotica e si riconosce non solo per la presenza di Aragon, ma in particolare nella menomazione della donna (spesso le claudicanti anche nel cinema di Buñuel segnalavano turbe psichiche), nell'episodio della confessione, nella incontinenza della giovane bigotta: insomma l'eversione surrealista al servizio dell'anticlericalismo attraverso il suo bagaglio di lazzi e simboli.

Adriano Boano


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