Festival Internazionale Cinema Giovani

Recensioni
Annotazioni sospese nel tempo "reale" del Festival

Robert Kramer
Route One / USA
di Robert Kramer
Francia 1989

Un viaggio. Un'esplorazione. O molto più propriamente un percorso. Si percorrono gli Stati Uniti nella loro interezza, da nord a sud, da Fort Kent, nel Maine, estremo confine con il Canada, a Key West, in Florida. Qui la strada, la famosissima Route one, termina, esattamente dopo duemiladuecentonove miglia; la macchina da presa di Kramer raccorda più volte sull'asse avvicinandosi progressivamente allo zero del cartello che indica il tragitto rimanente. Il mondo pare finire; alternative: il mare di una scintillante barriera corallina o il cielo etereo. In mezzo c'è tutta l'America con i suoi abitanti, le sue contraddizioni, le sue varie mentalità, i suoi miti e la sua differente cultura. Melting pot, si dice. Gli Stati Uniti diventano un organismo: Kramer (con l'intera troupe) e Doc (Paul McIsaac) viaggiano lungo la spina dorsale del paese e, come dice la maestrina ai suoi alunni nel corso della pellicola: "solo se la spina dorsale viene spezzata si rimane paralizzati". Kramer e Doc non spezzano il loro viaggio, gli States non rimangono paralizzati ma vengono percorsi dall'inizio alla fine. Percorsi ed osservati mentre "la storia si immobilizza". Il tragitto è uno solo ma il viaggio dei due compagni si realizza su livelli differenti ed equamente portanti. È prima di tutto, evidentemente, un viaggio geografico, con scenari che mutano inevitabilmente man mano che varia la latitudine; ma Route one è anche un viaggio storico lungo le relativamente recenti vicende del nuovo continente, sulle sue conquiste (l'indipendenza, il primo uomo sulla luna), sulle disfatte (i vari e tristemente lugubri monumenti ai troppi caduti delle diverse guerre, il Vietnam), sugli illustri e valorosi personaggi (Washington, Braxton Bragg, John Brown). Uno dei piani in cui il percorso si realizza è anche culturale: Whitman e Thoreau sono stati cantori della libertà e della democrazia, ma Doc nella casa che fu del buon vecchio "zio Walt" non trova nessuno, il monumento è chiuso, il concetto di democrazia che Whitman incarna si è eclissato ed allora si ricorre ai versi di Josè Marti, "importato" da una donna cubana, immagine di una società multietnica che rappresenta un altro livello di lettura della pellicola e del peregrinare di Kramer e Doc. Ma l'America è anche un viaggio attraverso i suoi miti e i suoi valori convenzionali (il collezionista di attrezzi funerei come l'automobile in cui è morta Jane Mansfield, il militarismo ed il suo credo ridicolizzato dalla ricostruzione mimica di un lancio con il paracadute effettuato da Doc). Impercettibilmente Route one si trasforma (ammesso che questo verbo abbia un senso in un cinema come quello di Kramer dove tutto è politica) in un'analisi ideologica che trova terreno fertile nelle dichiarazioni che via via si susseguono sullo schermo e nel modo dialettico in cui sono montate le sequenze lungo il sintagma filmico (Do you remember Ejzenstejn?). Politica è tutto ciò che ci circonda, Kramer ha uno sguardo sul mondo che è onnicomprensivo; inevitabilmente, come degna chiusura di un elementare sillogismo in cui le due premesse sono indiscutibilmente vere, il cinema di Kramer, il suo stesso occhio che registra il mondo è politico. Ed ideologico è sicuramente il modo in cui il Filmmaker rende allo spettatore questo mondo che non si limita a mostrare ma che illustra: la m.d.p. diventa una diretta emanazione della sua stessa persona, lo sguardo di Kramer sostituisce quello del pubblico in un universo che non può conoscere. Kramer ci guida nel suo percorso facendoci diventare suoi compagni di viaggio alla stessa stregua di Doc, immettendoci direttamente in un cammino nel quale non ha nessuna intenzione di abbandonarci. Kramer diventa così la guida, il Kit Carson che fa in modo che il percorso di Route one sia un viaggio iniziatico da cui trarre precise indicazioni per il nostro cammino esistenziale. Il film diventa un'esperienza di vita nel momento stesso in cui questa viene illustrata fedelmente. L'analisi che scaturisce dalle immagini, a tutta prima semplici ed immediate, è degna di un antropologo o, addirittura, di un entomologo. L'uomo non è più mostrato ma indagato nella sua essenza, quasi estrapolato dal suo contesto vitale e reso unico ed inimitabile per quello che dice, per come si pone nei confronti del reale. Al contempo l'uomo ritagliato dalle inquadrature di Kramer viene a porsi come concetto generalizzante di una natura, di un pensiero, di un'ideologia. In questo risiede la grandezza di Kramer, nel saper proporre contemporaneamente diverse modalità di visione e di lettura degli uomini (e non personaggi) che popolano i suoi film. Ed in Route one non fa altro che confermare nell'ambito di un capolavoro il suo modo di intendere sia il cinema che il mondo.

Giampiero Frasca


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