Festival Internazionale Cinema Giovani

Recensioni
Annotazioni sospese nel tempo "reale" del Festival

19/11/97
Robert Kramer

Berlin 10/90
di Robert Kramer
Francia 1991

"Il mondo ha cominciato improvvisamente a restringersi", dice Kramer a proposito della genesi di questo lavoro sperimentale eppure capitale (e bene ha fatto Turigliatto a convocare l'autore per un incontro proprio dopo la proiezione di Berlin), nato dall'impotenza, da una empasse di relazione col mondo, che impediva a Kramer di realizzare qualsiasi prodotto lui volgesse alle zone calde di quell'epoca (la Romania e il Golfo, per esempio).

Tanto stretto è diventato il mondo, da ridursi a una stanza da bagno, completamente bianca, in cui Kramer decide finalmente di condurre esperimenti sul piano sequenza; un esperimento che, come avviene sempre con Kramer, non è da intendersi come mera ricerca stilistica, ma come un processo di messa in relazione dell'opera con l'artista stesso: non un delirio autoreferenziale, quindi, ma la messa in gioco del proprio metodo per scavare alla ricerca di un altro artista, un altro regista, qualcuno che sappia o sia disposto a parlare e riprendere allo stesso tempo.

Ossessionato dalle parole assenti del padre, che pure ha vissuto l'età dell'oro di Berlino e dell'Alexanderplatz, Kramer si sofferma proprio su quel che non ha visto né sentito, sull'incendio del Reichstag, sugli "anni folli". Ricorda la trance che ha provocato perfino un incidente stradale, in prossimità della sua visita a Buchenwald. Ragiona della sua incapacità (spera temporanea) a confrontarsi con Israele, con il suo essere ebreo.

Mentre ricorda/non ricorda, passano su uno schermo nella piccola stanza le immagini di un curioso incontro fra amici, che si devono distribuire dei libri eccedenti dopo il trasloco di uno di loro. Qui il gioco degli specchi di memoria (svelato esplicitamente anche dalla voce e dal corpo in primo piano di Kramer) si moltiplica spettacolarmente: il nastro-memoria contiene i corpi degli amici che si fanno memoria ricordante grazie ai libri e nei libri, nei quali ognuno è costretto a specchiarsi, a scegliersi, a ricostruirsi.

Il gioco di specchi si concretizza e si (e)semplifica poi, sullo schermo televisivo ripreso (non dimentichiamo che il film è pur sempre un unico piano-sequenza di circa un'ora), in un semplice e allo stesso tempo problematico (per i vetri, le trasparenze e i riflessi) campo/controcampo effettivamente e quotidianamente esistente tra il Martin-Gropius Bau e la mostra Topografia del Terrore (sui luoghi della Gestapo e della violenza nazista a Berlino): il primo, forse, esempio di come l'utopia si possa nutrire di memoria e persino di vagheggiamenti classici; la seconda emblematica di quanto la memoria stessa sia talvolta un incubo necessario.

Marcello Testi


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