Festival Internazionale Cinema Giovani

Recensioni
Annotazioni sospese nel tempo "reale" del Festival

Concorso Cortometraggi
The Beneficiary
di Graeme Burfoot
Australia 1997

35mm. 12´, col.

Soggetto e Sceneggiatura: Graeme Burfoot. Fotografia: Danny Pope. Scenografia: Martin O´Neill. Montaggio: Peter Blaxland. Musica: Stephen Rae. Suono: Toby Denneen. Interpreti: Barry Otto, Helen Joy. Produzione: Jude Lenger.

Sordido ufficio che trasuda micraniosità. Palestra di uno scontro tra mentalità opposte, ma più interessante risulta l´ossessione per la precisione linguistica, tipica di quegli ambienti di squallida pignoleria: un ragioniere fronteggia la bellezza di una giovane donna decisa e che non ama sottilizzare; odia la tirchieria che vedeva impersonata nella ricca madre al punto da ucciderla. Il contabile scopre l´omicidio da tutta una serie di indizi ottenuti grazie alla precisione di tutti gli interessati: la giovane è sempre puntualissima, come la morte, la madre, puntigliosa appuntatrice di ogni impegno su qualunque foglio e ossessiva accantonatrice di ogni fattura, il ragioniere è tale, e dunque...
Le puntualizzazioni provengono da lemmi di dizionario, che specificano i termini professionali usati e che assumono un senso ambiguo talvolta, se letti con intenzione, volendo ravvisare doppi sensi in quest´opera di umorismo anglosassone, conclusa con un atto di forza adottato per schernire ulteriormente le sottilizzazioni e i cavilli cortesi del viscido contabile con una solenne botta che gli sfonda il cranio.
L´ultima notazione che rivela il destino che aspetta la pluri-omicida inquadrando la prova della sua colpevolezza, che verrà sicuramente trovata, è l´ennesimo uso di un canone sfruttatissimo soprattutto negli epiloghi dei corti.

Opinione diffusa presso gli avventori del Festival è che rispetto ai primi anni si è andata esaurendo la tradizione comica, che vedeva nei corti un preludio divertente (ancorché dotato di sottile perfidia) alle ossessioni di quegli allegroni che creano i lungometraggi. Purtroppo ora anche i corti si sono adeguati alla lamentazione o alla seriosità e sembra che ciò sia andato a detrimento anche del colpo di teatro originale con cui si chiudevano i bei corti di una volta.

Adriano Boano


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