Festival Internazionale Cinema Giovani

Recensioni
Annotazioni sospese nel tempo "reale" del Festival

Proposte
Ayneh
di Jafar Panahi
Iran 1997

Soggetto e Sceneggiatura: Jafar Panahi. Fotografia: Farzad Jadat. Suono: Yadollah Najafi. Interpreti:Mina Mohammad Khani, Kadem Mojdehi (se stessi). Produzione: Rooz Film.

Ultima Proiezione: lunedì, 17/11 ore 20.00 Romano

Aleggia la sensazione che ormai certo cinema iraniano, che si richiama a Kiarostami, si regga su una maniera consolidata dalla solita soluzione della dicotomia tra realtà e finzione fuse nella verità filmica. In questo secondo episodio della vita di Mina diventa più palese il sistema: simulare il quotidiano, svelare la finzione per accentuare la partecipazione dello spettatore, che a questo punto lascia cadere le barriere erte a fruire una narrazione inventata e si prepara a vivere ad altezza bambina e ad appassionarsi all´impresa raccontata, come se fosse davvero avvenuta.
Paradossalmente proprio l´intrusione dei mezzi di riproduzione confermano l´impressione che l´azione non sia stata preparata; e per una sorta di calcolata sovrapposizione la verosimiglianza della seconda parte, a cominciare dalla ribellione di Mina che non vuole più recitare, conferisce verità anche alla parte iniziale, tanto che lo spettatore deve farsi violenza per non giudicare menzognera la ragazzina che dice di frequentare una classe diversa da quella del personaggio interpretato.

Sin dalla panoramica di 360 gradi sull´incrocio dell´uscita da scuola lo spettatore viene frastornato dal suono rigorosamente in diretta, che diventerà il vero protagonista. Una banda parallela che scorre con le immagini, tuttavia sostanzialmente più significativa di esse. Il traffico è l´altro grande protagonista: confonde la bambina sia nel ruolo che copre nel film, sia come bambina-attrice, che cerca di ritornare alla sua vera casa, rieditando gli stessi gesti (ad esempio la conquista della telefonata dall´interno di una cabina che si rivela insormontabile barriera architettonica e dunque sottolinea il ruolo didattico del cinema sulla vita reale), confermandosi il medesimo sconforto e trovando l´identica indifferenza.
Al fondo della prima panoramica il nostro sguardo si ritrova di fronte al cancello della scuola, ma il pubblico ha già conosciuto il mondo in cui si muoverà la ragazzina e taluni personaggi che torneranno: l´anziano ad esempio che rinuncia sempre ad attraversare e che le darà la conferna di essere stata abbandonata, lasciandola a metà dell´incrocio.

Il plot sarebbe ben poca cosa, se il sonoro non dischiudesse una quotidianità fatta di minimi conflitti, discriminazioni sessuali e triste vecchiaia inacidita, ma anche di occhiate innamorate oltre le barriere. Insomma la rabbia con cui l´attrice-bambina dice di non voler più recitare è la vera espressione di rancori e paure che si aggirano per Tehran: sono tutti esauriti, come in qualsiasi metropoli.
Un indizio per affermare che è tutta fiction viene offerta dal dialogo con il musicista, che le rivela di averla vista recitare davanti a scuola, ma di aver preferito la sua interpretazione nella sequenza davanti alla farmacia ..., però in quel frangente la bambina secondo la trama non stava più recitando, dunque significa che o il musicista ritiene sia più naturale quando non recita, oppure egli finge all´insaputa della bambina, oppure è solo lo spettatore ad essere smarrito in cerca della casa della bambina.

Unico paradigma di realtà proviene dalla Storia: le radioline che documentano per tutto il film la vittoria della Nazionale Iraniana di calcio sulla Corea (ma sarà vero?)

Adriano Boano


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