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Torino Film Festival - 2008

Torino Film Festival 2008

Jean Pierre Melville

Un tema ci ha particolarmente colpito nell'ultima produzione di Melville: quello del silenzio, che si manifesta come personaggio a sé, carica espressiva che trova nell'evocazone delle immagini il supporto capace di far dimenticare l'assenza di parole... Forse è l'eccesso di sonoro che intontisce nel cinema degli ultimi cinquant'anni che ci dividono da alcuni capolavori di Melville finisce con il renderlo esotico, comunque prezioso è il primo film a cui riferirsi in questo senso.

Torino Film Festival - 2008

Silence de la Mer

Evoluzioni e varianti di elementi qui solo in embrione, o occasioni in cui utilizzare nuovamente la strategia del silenzio, si ritroveranno anche verso la fine della carriera di Melville, in quei noir amari popolati di infelici delinquenti e poliziotti destinati al fallimento individuale, professionale o sentimentale (il trio Volonté-Delon-Montand di Le cercle rouge del 1970 e i Delon-Crenna-Cucciolla di Un flic, il suo ultimo film, 1972) che non hanno più la statura morale e un po' romantica del binomio Lino Ventura/Paul Merisse di Le deuxième souffle o di Roger Duchesne di Bob le Flambeur e si rifugiano in taciti e secchissimi accordi suggellati da poche sillabe, in non-racconti di sé compensati solo dalle azioni che si dipanano nelle immagini, che non svelano nulla dei personaggi, come estrema forma di difesa da un mondo esterno che rischia di spezzare le corde interiori di queste marionette in mano a un destino da cui non c'è scampo.
Un limite estremo questo, a cui Melville giunge attraverso la realizzazione anche di altre opere di origine letteraria, completamente differenti come impostazione - teatrale al limite del sopportabile per spettatori che dalla quarta parete si aspettano una rassicurante verosimiglianza con la realtà che il teatro non fornisce per natura - come Les enfants terribles tratto da Cocteau, dove la stessa attrice, la bella e un po' retro Nicole Stéphane che troviamo quasi muta nel Silence de la mer, investe di parole di astuta crudeltà (in una sceneggiatura brillantissima e rutilante) sia il pubblico sia gli altri personaggi del dramma surreale, pedine in un gioco al massacro di cui lei sola tiene le fila.

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continua...

a cura di
chiara biano