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GLBT Film Festival di Torino - I film che cambiano la vita - Da sodoma a Hollywood 2008
Lampisterie sinaptiche

2: strade d'acqua: amicizia tra coetanei Entre Rios

La León di Santiago Otheguy

Delta del Paranà: silenzio assoluto, reso ancora più intenso dalla bruma nebbiosa che si solleva tra i canneti degli innumerevoli canali, con un bianco e nero che rende quel microcosmo ancora più ovattato, gettando in una sorta di non luogo, fuori dal tempo, i fotogrammi delle esplorazioni in soggettiva di Alvaro, che restituiscono fin da subito il senso della sua esistenza ai margini di una comunità isolana, persa in un braccio del lungo fiume argentino.
Il ritmo lento e dilatato di ciò che percepisce il suo sguardo "in agguato" viene bruscamente interrotto dal rumore di un vaporetto, che poi si manifesta attraversando veloce l'inquadratura per dirigersi altrove: è El León, il battello governato da El Turu, uomo dai lineamenti severi e dai modi virili, la cui rudezza finisce per condensare lo spirito del luogo, che non permette deviazioni, come d'altronde gli insegna il tragitto dell'imbarcazione, che traghetta gli isolani verso la terraferma e viceversa, senza concedersi soste o tappe impreviste.

Alvaro, un giovane dai tratti indigeni e dagli occhi dolci, seppur incastonati dentro una maschera di apparente indifferenza, incrocia lo sguardo di Turu: si fulminano, è questione di un attimo, ma in quel guardarsi malsano si impaludano desideri repressi, vertigini di erotismo, pregiudizi incommensurabili e condanne definitive.
Il film di Otheguy potrebbe fermarsi qui, in questa immagine di affezione/disaffezione, capace da sola di condannare l'omosessualità del giovane, restituendo al contempo quella carica di minaccia (congelata nella pupilla del battelliere) che potrebbe arrecare agli abitanti dell'isola, calamitando altresì la fisicità ctonica delle pulsioni che la presenza di Alvaro suscita nell'uomo che vorrebbe sottrarsi al suo fascino, senza farsi irretire.

Ma c'è dell'altro nel film: la paura del diverso che attanaglia la comunità non si accontenta di isolare il giovane, che fa comunque parte del gruppo, ma si estende anche all'esterno, fatto di sembianze umane chiamate "Misioneros", incarnate dagli esuli fuggiti dal Paraguay per cercare una qualche forma di sopravvivenza nell'isola. Anch'essi rappresentano il male e come tali vanno allontanati, espulsi in quanto alieni. L'alienitudine serpeggia nel paesaggio, privato appositamente del colore, perché il verde meraviglioso della vegetazione dell'isola non possa distrarre dal malessere, che finisce per depositarsi tra i giunchi, la melma, gli acquitrini, dove Alvaro, in bilico su una barchetta precaria, consuma sesso "spiccio" e in piedi con un ragazzo di passaggio su un'imbarcazione di lusso.
La polvere grigiastra appanna anche lo specchio dove il giovane si contempla ogni giorno, rendendo ancora più fantasmatica e persino mitica la sua immagine anche tra le pareti di casa sua, dove tra icone religiose campeggia il ritratto del padre, la cui memoria disonora secondo quanto va dicendo in giro Turu: "Se ti vedesse tuo padre...".

Si direbbe che le mani del giovane trovino pace soltanto accarezzando le pagine dei libri antichi che rilega per racimolare qualche soldo. Le dita accarezzano la costa del volume e con perizia certosina si dilettano a rimettere insieme fogli scompaginati: la forma esterna ritrovata grazie all'arte tipografica finisce per acquietare i suoi turbamenti nei confronti del battelliere, che, sempre più ostile nei suoi confronti e ormai ubriaco all'osteria, finisce per deriderlo in pubblico, chiamandolo "Frocio". E come tale va trattato: il macho non si fa problemi a violentarlo, ficcandogli la sua verga in culo dopo un corpo a corpo brutale e ferino, non fosse altro per dimostrare la sua superiorità, che viene comunque messa alla berlina proprio da Alvaro, che dichiara di provare piacere, nonostante tutto.

La cattiveria di Turu, reo di aver bruciato le cataste di legna faticosamente allestire dai Misioneros, verrà castigata con la sua violenta uccisione, trovando come tomba proprio quelle acque del Paranà, che aveva quotidianamente solcato con El León. Tutto torna al fiume e tutto dipende dal fiume, come già aveva illustrato Lisandro Alonso nel film Los Muertos. La parabola si compie, non senza aver fatto baluginare una sorta di passato altro, quasi una specie di età dell'oro, dove le cose sembravano andare diversamente.
Nella casa di Alvaro rimane infatti una testimonianza: la fotografia di suo padre in compagnia di un amico, che, diventato ormai vecchio, sarà l'unico a confortarlo dopo la morte del genitore e anche in seguito. Nei confronti di quell'anziano il giovane manifesta rispetto, quel vecchio dà continuità alla comunità dal lato dell'umanità: legittima l'esistenza di una tradizione (quella che Turu vorrebbe incarnare con la consapevolezza di rappresentare solo la parte retriva, disorientata, incolta, che reagisce a ciò che è diverso, incomprensibile nell'applicazione pedissequa dei precetti tramandati... in una parola leghista), e questo conferisce al rapporto tra i due una tenerezza delicata e sorprendente: solo a lui sarà concessa una carezza a quelle mani ruvide, deposte finalmente in grembo a riposare nella morte, rovinate dal duro mestiere di taglialegna, quando il vecchio chiuderà gli occhi sulle miserie del mondo, avendo trovato però almeno il tempo per dirgli: "Non ascoltare cosa dice la gente...".

La gente, almeno quella che ha occupato i posti in giuria, non ha ascoltato i messaggi provenienti da altre visioni, decretando di premiare il film e di farne il vincitore di questa edizione!
Concordo con il verdetto, che rende persino giustizia anche ai moniti del saggio taglialegna!

paola tarino