Reporter

NearDark - Database di recensioni

Africa

Godard Tracker


Tutte le
Rubriche

Chi siamo


Cerca nel sito

Reporter
reportage da festival ed eventi, interviste e incontri
<<< torna al sommario

GLBT Film Festival di Torino - I film che cambiano la vita - Da sodoma a Hollywood 2008
Lampisterie sinaptiche

1: strade di celluloide: intrecci indissolubili tra città e film

Joy Division di Grant Gee
e
Barcelona [una mapa] di Ventura Pons

Nulla di più distante si potrebbe immaginare tra un film che usa digitale e immagini sporche che affondano nel punk da un lato, mentre dall'altro la stessa malinconia passa attraverso la resa dei conti tutta interna a un appartamento di Barcelona.
Eppure non a caso il film catalano inizia e finisce con le immagini in bianco e nero di Francisco Franco che va a prendere possesso della roccaforte repubblicana, con la prosopopea arrogante del vincitore, mentre quello britannico mostra le immagini di Manchester prima e dopo il punk: la città industriale era moderna e rivoluzionaria prima, ma nel 1976 era come ripiegata su se stessa, il punk la riportò a una consapevolezza rivoluzionaria, poi piegata dal neoliberismo.

Quello che colpisce nel lavoro sui Joy Division è il bisogno di attribuire alla vittima sacrificale Ian Curtis ogni pulsione ferale, come se gli altri non le avessero percepite e solo a posteriori si fossero resi conto della potenza ammaliante con cui quella voce e quei testi avevano condizionato una generazione, rimasta integralmente toccata - almeno in una picola parte di ciascuno di noi - da quella disperazione. Questa sorta di gigantismo titanico di Curtis ammanta di un'aura irrimediabile di smarrimento sia quella realtà, sia la condizione epocale e ambientale che resero possibile tanto le autodistruzioni dei protagonisti dell'epoca, quanto dell'humus culturale che aveva permesso la rivolta. E questo coinvolge anche la città, ma pure il mondo; quei ragazzi invecchiati intervistati nei loro faccioni su sfondo nero, dove saltuariamente scorrono foto d'epoca, spezzoni di concerti, luoghi per lo più inghiottiti dal cemento sono il nostro specchio di quasi cinquantenni che non capivano il mondo perbene di allora e continuano a non accettare la miscela di reazione, razzismo, omofobia, intrusioni religiose e demagogia che manipolano il mondo ora: sono sopravissuti malamente rispetto all'eroe Ian che, bello e sempre giovane, continua a proporsi nel suo rovello esistenziale irrisolto dal tempo trascorso, hanno perso verve, eppure - forse proprio per quello - continuano a essere il nostro specchio. E lo stesso vale per tutti i cementi di ogni latitudine che hanno scempiato i luoghi dell'adolescenza, distrutto gli edifici che ospitavano concerti, i centri dove si incontrava quella generazione, lo stesso vale per tutti i locali scomparsi e le rivolte di trent'anni fa.

E forse questa considerazione avvicina ulteriormente i due film: pure nella Barcelona di Pons si respira un'aria di stantio (oltre ai locali distrutti, ma in questo caso il fuoco ch eha divorato il teatro si immagina nel film che sia stato appiccato proprio dal guardiano del Liceu, protagonista del film, il quale avrebbe la facoltè di incendiare oggetti applicandosi con il pensiero), ma in questo caso à in negativo: non ci si crogiola dentro, ma si tenta di uscirne, persino le due figure - reazionarie e paradigmatiche - di padroni di casa borghesi antirepublicani decaduti, morenti e oppressi dai loro segreti e dal perbenismo ovattato da quella luce fioca e appesantita da ambienti soffocati da mancanza di arieggiamento, ammorbati da quei due spezzoni del caudillo che marcano dall'inizio la malattia fascista che li ha corrosi dentro per tutta la vita; alla fine si confessano paure e manie, pulsioni e travestitismi, incesti ricercati con coscienza che l'unico uomo rispettato era il padre che l'aveva posseduta carnalmente da ragazzina... e a tutto questo fa da contorno una città esclusivamente notturna (quando passa l'autobus, prototipo di quello che ha investito e ucciso la figlia; quando l'insegnante di francese affittuaria si aggira con il figlio architetto urlando l'orrore per la Sagrada Familia - non solo per l'incompiuta di Gaudí, ma anche per l'orrore delle famiglie qui illustrate). Abitata da fantasmi, magari quello nudo sul cadavere della madre - da lui uccisa - nella fotografia donata; presenze che popolano l'immaginario dopo aver inciso molto sul tessuto urbano, che ai loro simulacri continua a riferirsi per trovare un significato.

Ma anche Manchester ¸ quasi esclusivamente notturna, se non in certe foto d'epoca che aumentano il carattere fantasmatico dell'ectoplasma Curtis: la sua angoscia è l'unico frammento rimasto invariato e comprensibile esattamente così come i suoi testi lo raccontano, universale e tangibile ancora adesso. Solo che la mancanza del contesto diventa emblematica quando nella realtà assistiamo al famoso ponte dove i Joy Division erano stati "immortalati" nelal foto famosa, con Ian Curtis che si mantiene un po' in disparte. Il ponte è uguale, noi molto meno, Manchester (e Torino) sono stravolte, come Barcelona. Tutte citt à profondamente a vocazione antifascista.

La mapa di cui si parla nel titolo è quella che disegna l'appartamento e i suoi affittuari (e anche le loro esistenze passate, vivide nei flashback): l'insegnante esacerbata a cui servono spazi ridotti - e magari obliqui come quelli che Gaudí impone per chiudere e bloccare incubi che straborderebbero incontrollabili - per contenere la propria propensione al disordinato accumulo; il calciatore - guardia giurata bloccato a letto e incapace di alcun "movimento"; la giovane argentina incinta dell'anziano padrone di casa, a cui aveva regalato il suo corpo per pietà quando lui le aveva svelato la sua malattia. Ciascuno ha motivo per interpretare quegli spazi angusti e chiusi come metafora del microcosmo che ammanta la capitale catalana, eppure nessuno riesce a staccarsene e per nessuno di loro ci viene mostrata la soluzione, il trasloco, la fuga, l'epilogo... solo con l'arrivo di un elemento esterno: il fratello della anziana tenutaria, che ha lasciato un marchettaro dormiente a casa sua, si scatenerè la catarsi con le rivelazioni, gli incesti goduti e i travestitismi vissuti solo in solitaria, che allignavano tutte in un passato lontano e racchiuso in diari, che legittimano la ripresa nel finale delle sconce immagini di Francisco Franco giunto a umiliare la Barcelona repubblicana... come la Thatcher per la Manchester dei Joy Division.

adriano boano