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Giornate del Cinema Muto - Pordenone
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Napoléon di Abel Gance (1927)Napoléon di Abel Gance (1927)
Restaurato da Kevin Brownlow e la sua società Photoplay, in collaborazione con BFI Collections a partire dalla nuova copia 35mm scoperta in Corsica.
Musiche: Carl Davis (autore della partitura) e l'orchestra Camerata Labacensis di Lubiana
Di questo film potente, straordinario, unico, è difficile aggiungere parole per intravedere, vale a dire tentare un ulteriore sforzo di percezione tra le immagini, oltre le immagini. Avanguardia purissima, almeno storicamente, giacché prima di allora non si era mai costruito un così ardito monumento alle immagini in movimento. La tecnologia, certamente, ha contribuito. Le due sequenze scelte mostrano soltanto due momenti-movimenti filmati con nuovi mezzi. Mdp mobili, sul cavallo, in particolare, la mdp a mano Debrie Photociné Sept, e poi il grandangolo Brachyscope, la lente iridescente Wollensack, un "ascensore di ripresa" montato su una gru (è quello usato nella ripresa dell'archivio) e ispirato alla ghigliottina, il "pendolo parallelogrammico" per sbilanciare i movimenti di macchina (ne vediamo alcuni nella sequenza dell'inseguimento a cavallo), la macchina da presa tripla (il Polyvision antesignano del Cinerama) per abbracciare migliaia di soldati in battaglia.

Abel Gance, da una nota per il pubblico del 1927 (La prima del film fu a Parigi al teatro dell'Opera):
"Con Napoléon ho fatto uno sforzo tangibile verso una forma cinematografica più ricca ed elevata; lasciatevi trasportare completamente dalle immagini; non reagite in base a preconcetti. Guardate in profondità; non continuate a confondere le cose in movimento con quelle che tremano, scorgete dietro alle immagini le tracce di lacrime che spesso le bagnano. Soltanto con questo sforzo vi renderete conto se il viaggio nella storia che vi ho offerto è una lezione o un poema. Il mio scopo è stato quello di offrire a tutti i cuori inariditi il nutrimento più completo, rinvigorente e piacevole. Quel pane dei sogni che, nella nostra epoca fatta di dure necessità, diventa indispensabile come la musica della luce che trasformerà le sale cinematografiche in cattedrali. Nelle sequenze clou ho creato una tecnica nuova fondata sulla forza del ritmo che domina la vicenda violando le nostre abitudini visive. Ho sfruttato la percezione simultanea delle immagini, non soltanto quelle di un secondo ma talora persino quelle di un ottavo di secondo, di modo che la collisione tra le mie immagini causasse un'eruzione di flash astratti che colpiscono l'anima anzichè gli occhi. Così si crea una bellezza invisibile che non appare nel film e che è difficile da spiegare, come il profumo d'una rosa o la musica d'una sinfonia"

Napoléon di Abel Gance (1927)
Kevin Brownlow racconta il suo lungo rapporto col film (dal Catalogo delle Giornate del Cinema Muto 2001). L'editrice Castoro ha inoltre appena pubblicato Kevin Brownlow "Come Gance ha realizzato Napoléon", 312 pagine con fotografie in bianco e nero:
"Il mio primo incontro con il film risale a quando andavo a scuola. Vidi due rulli di pellicola con il mio proiettore amatoriale a 9,5mm e rimasi affascinato dal suo senso cinematografico: non avevo mai visto niente di simile e mi ripromisi di trovare altro materiale del film e sul film. Mi lasciava perplesso l'antipatia suscitata da Napoléon tra i critici e gli storici che ricordavano l'edizione originale, per cui, ad ogni sequenza che riscoprivo, mi aspettavo di dover ammettere che avevano ragione loro e di trovarmi di fronte a un crollo improvviso della qualità. Ma più materiale nuovo trovavo e più il film diventava bello. Solo più tardi scoprii che la maggior parte di quei critici aveva visto solo versioni massacrate dai tagli. Quando divenni montatore iniziai a guadagnare abbastanza per fare un buon restauro. Il National Film Archive, che in seguito adottò il progetto, mi fornì tutta l'apparecchiatura necessaria. Ogni volta che al National Film Theatre venivano proiettate le parti di pellicola man mano restaurate, la sala era gremita di persone che reagivano con entusiasmo. Nel 1979 al Festival di Telluride nel Colorado gli spettatori rimasero svegli un'intera notte per vederlo, nonostante la proiezione fosse all'aperto a temperature glaciali. In quell'occasione anche Abel Gance, allora novantenne, vide il film dalla finestra della sua camera d'albergo. L'apice venne toccato nel 1980 quando, per conto della Thames Television e del British Film Institute, David Gill ed io organizzammo, all'Empire Theatre di Leicester Square a Londra, la prima proiezione con l'orchestra dal vivo. Carl Davis in tre mesi compose la monumentale partitura che affidò alla Wren Orchestra. Prima dello spettacolo eravamo tutti nervosissimi. Che diritto avevamo di aspettarci che il pubblico rimanesse seduto per ben cinque ore a guardare un vecchio film muto? E in effetti il pubblico non restò seduto; si alzò in piedi ed esplose in un applauso senza fine. E' stato il momento più commovente che abbia mai vissuto in un cinematografo. Questa versione (della XX edizione delle Giornate del Cinema Muto) è il terzo restauro completo di Napoléon. Sulla base della versione del 1980, Bambi Ballard ha prodotto una versione ampliata utilizzando tutto il materiale della Cinématheque française che era stato portato al National Film and Television Archive e qui duplicato da Joâo Oliveira. Nel 1999, grazie al supporto finanziario di Erik Anker Petersen, fu iniziato un nuovo restauro presentato per la prima volta alla Royal Festival Hall in occasione del 56° Congresso Annuale della International Federation of Film Archives (FIAF), tenutosi a Londra nel giugno 2000. Il materiale importato dalla Francia è stato duplicato e inserito nella copia di lavorazione. La differenza è enorme rispetto al precedente restauro: le nuove parti di pellicola sono di alta qualità e le nuove didascalie facilitano la comprensione della narrazione e rendono la storia più interessante. Le didascalie del vecchio restauro erano state realizzate con poca spesa non avevano niente a che vedere con i caratteri in grassetto in stile XVIII seNapoléon vu par Abel Gance, perché è difficile tradurlo. Il primo episodio - Napoleone ai tempi della scuola a Brienne - fu ripreso da un cameraman diverso da quello che lavorò al resto del film e molti si sono lamentati che la velocità di proiezione era eccessiva. Per questo motivo ora proiettiamo "Brienne" a 18 fotogrammi al secondo con la musica sincronizzata a questa velocità mentre il resto del film a 20 fotogrammi al secondo. Quando abbiamo trovato materiale di qualità migliore per la stessa scena l'abbiamo utilizzato; in alcuni casi abbiamo trovato scene superiori a livello fotografico, ma con una recitazione più scadente e le abbiamo pertanto scartate. Ad esempio, nell'episodio di Tolone, si vede Napoleone scendere da cavallo due volte - un errore di montaggio di un assistente che stava cercando di fare un altro negativo. In questo caso abbiamo optato per la scena migliore, quella in cui Napoleone scende da cavallo una volta con piglio professionale, anche se i fotogrammi sono parzialmente persi nell'area poi occupata dalla colonna sonora. Nella scena del matrimonio, il materiale nuovo è di qualità molto migliore e quindi lo abbiamo utilizzato per la prima metà, ma la recitazione di Dieudonné non è altrettanto buona nella seconda parte della sequenza e così siamo ritornati all'originale, nonostante i segni di decomposizione.
Alcune sequenze, ad esempio quella della Marsigliese, sono state completamente sostituite perché i rulli di pellicola ritrovati sono chiaramente quelli destinati alla versione definitiva. Questi rulli indicavano anche dove doveva iniziare e finire l'imbibizione e fornivano dei campioni, cui ci siamo rigorosamente attenuti.
Certi pezzi nuovi non si prestavano proprio ad essere inseriti. Come si può utilizzare la scena della gendarmerie che dà la caccia a Napoleone fra i monti all'inizio della sequenza dell'inseguimento in Corsica, quando nella scena che abbiamo si vedono uomini a cavallo su un terreno completamente diversoè Nella scena della "doppia tempesta" è curioso come il nuovo negativo sia esattamente uguale a quello vecchio, inquadratura dopo inquadratura, tuttavia con alcuni fotogrammi di differenza. La prima volta che restaurai il film mi ritenevo fortunato quando trovavo pellicola in più, ma questa volta mi sono spesso ritrovato con tre versioni della stessa scena, ciascuna con piccole differenze nella recitazione o nella regia rispetto alle altre. Talvolta erano le scene stesse a decidere per me. M.me Tallien arriva al Bal des Victimes e se ne sta lì in piedi, tutta elegante. In un'altra versione M.me Tallien arriva e viene accolta da una pioggia di petali di rosa. In certi casi la recitazione era migliore, ma non l'angolazione della macchina da presa o viceversa. E' stato perciò enormemente difficile scegliere cosa utilizzare. La scena che mi ha messo a più dura prova è stata quella della "morte di Marat", una scena completamente nuova e lunga il doppio rispetto alla vecchia. Dapprima decisi di tenerla, ma quando la proiettammo ci accorgemmo che qualcosa non andava nel trucco di Marat - ovviamente anche Gance aveva tagliato la scena per la stessa ragione. In uno o due altri punti, Gance aveva fatto dei tagli invece di aggiunte e io ho generalmente seguito le sue scelte. Talvolta è stato necessario utilizzare una scena extra senza grande valore allo scopo di spiegare una bellissima scena successiva, come nel caso di Joséphine che suona l'arpa: essa è seguita da una deliziosa scena della figlia che parla con il proprio pappagallo della madre e di Napoleone"

Kurutta Ippeiji / A page of madness /Una pagina di follia (1926)
Kurutta Ippeiji / A page of madness /Una pagina di follia (1926)
Regia, produzione, montaggio di Teinosuke Kinugasa
Accompagnamento musicale di Teho Teardo.
Questo capolavoro dell'avanguardia giapponese che è praticamente coevo al Napoléon mostra chiaramente come in Giappone si fosse raggiunto negli anni Venti lo stesso ardimento nella costruzione di immagini in movimento. Come suggerisce il catalogo delle Giornate del Cinema Muto Kinugasa "sviluppò un montaggio connotativo che sotto certi aspetti si avvicina a quello che stavano facendo i cineasti sovietici in quel momento". E nondimeno esiste un riferimento all'espressionismo tedesco, ed in particolare - per i temi e per le immagini distorte - al Das Cabinet des Dr. Caligari (Il gabinetto del Dottor Caligari) e a Der letze mann (L'ultima risata); e all'impressionismo francese per le sovrimpressioni e le soggettive.
Gli elementi straordinari di Kurutta Ippeiji consistono soprattutto nel ritmo, in quelle ballate epilettiche, che creano un'atmosfera di brivido psicotico, una claustrofobica angoscia, la prigione opprimente dell'anima, come diceva Ludwig Klages, da parte della mente. Dunque una metafora istantanea della condizione umana consegnata al perpetuo squilibrio psicologico, all'instabile irrazionalità dell'inconscio che misura nella sua feroce e carnale esplosione coordinate di mondi alieni, meravigliosi e perturbanti per la coscienza.

The Penalty (1920)
The Penalty (1920)
Regia di Wallace Worsley
con Lon Chaney
"Perverso" è il termine tipicamente usato per definire i personaggi portati sullo schermo dall'"uomo dai mille volti" nel corso della sua carriera, e questa crudele storia ambientata nel mondo del crimine merita decisamente l'appellativo. Sette anni prima delle raccapriccianti amputazioni di The Unknown (Tod Browning, 1927) Lon Chaney impressionò gli spettatori con l'interpretazione di questo criminale storpio che minaccia di provocare disordini a San Francisco con l'appoggio di lavoratori stranieri insoddisfatti, tutto per vendicarsi del medico che per errore gli ha amputato le gambe. Il tour de force cui Chaney si sottopose comportò un tale sforzo fisico che l'attore fu costretto a letto per diverse settimane dopo la fine delle riprese e riportò danni permanenti ai muscoli delle ginocchia. Lo scalpore suscitato dal film era attribuibile a fattori diversi: dalla modella che posa nuda nell'atelier di una scultrice, al primo piano di un kit per la droga, alle prostitute che abbordano ubriaconi o che vengono pugnalate nei locali. (dal catalogo delle Giornale del Cinema Muto).

Body and Soul (1925)
Link a filmato di 362 KB. Regia, produzione e sceneggiatura di Oscar Miceaux
Film complesso per la sostanziale fragilità delle tracce narrative. Non che il racconto manchi di chiari elementi descrittivi, di dettagli sui personaggi e sugli eventi, ma il sintomo della doppiezza, Paul Robeson nel doppio ruolo, la dimensione di sogno e risveglio, finiscono col rendere tutto ambiguo ed inquietante. Numerose le possibilità di lettura. Quella universale, in riferimento diretto alla condizione umana stretta nella morsa del vero/falso che si traduce in vita/morte da veglia/sogno, alla condizione sociale della comunità nera in America che è invitata brutalmente al risveglio se vuole salvarsi: diventare come i bianchi oppure essere massacrata dai neri che simulano i bianchi. Del resto il titolo corpo ed anima può essere un riferimento alla sostanziale vacuità dei due termini, pagine bianche sulle quali tutto può essere (ri)scritto con il trans-correre della storia. Ma sembra invece che l'unificazione (trascendente o meno) sia un punto irraggiungibile e la doppiezza e la scissione abiteranno per sempre lo spazio tempo delle realtà dell'uomo.

Billy's Stratagem (1911)
Billy's Stratagem (1911)
Regia di David Wark Griffith
Lo sforzo del progetto Griffith si concentra quest'anno al 1911. Pur nella diversità di temi affrontati, di storie di ogni tipo, da un punto di vista formale e cinematografico questi film del periodo Biograph dimostrano la meticolosa ricerca stilistica di Griffith. Consiste innanzitutto nell'affresco dei personaggi sempre venati da un tenue umorismo. E in secondo luogo, ma non di minor importanza, nello studio dei movimenti delle figure dentro l'inquadratura. Se già nei totali Griffith è attentissimo a sviluppare il discorso su più piani, intessendo piccole storie che si svolgono sullo sfondo dello spazio scenico, in Billy's stratagem (e in particolare nel segmento ripreso) è interessante valutare il movimento di entrata ed uscita dall'inquadratura delle figure che corrisponde sempre ad un effetto potente e nondimeno inedito per quei tempi. Tale gioco dello spazio e del movimento è naturalmente legato al montaggio, vale a dire la risorsa filmica (il montaggio alternato, parallelo, in particolare) per cui il nome di Griffith è più ricordato nella Storia del Cinema.

a cura di Andrea Caramanna