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Fascist Legacy

Omar Mukhtar. Lion of the Desert

i materiali sono stati approntati e forniti da
Marco Farano, Goethe Institut Torino

Cinema Massimo

Via Verdi 18, Torino

Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti a disposizione

Mercoledì 23 gennaio, 20.30

Presentazione di Angelo Del Boca

Materiali, schede, apparati e bibliografia

Mustapha Akkad, Omar Mukhtar. Lion of The Desert (Omar Mukhtar. Il leone del deserto), USA 1980. 153 minuti. Versione originale inglese con traduzione simultanea in italiano.

Film storico, raramente visto in Italia, sulla resistenza opposta dalla popolazione libica al brutale regime di occupazione fascista. Il film unisce alla fedeltà della ricostruzione storica la spettacolarità delle riprese, affidandone l'interpretazione ad alcuni celebri volti del cinema: fra gli altri Anthony Quinn nel ruolo del capo della resistenza Omar Mukhtar, Oliver Reed nelle vesti del generale Graziani, Rod Steiger nella parte di Mussolini, ruolo da lui già ricoperto in un film di Carlo Lizzani.

Il film fu girato nel deserto libico e a Roma, in esterni e negli studi di Cinecittà. Gli armamenti furono in gran parte ricostruite in Gran Bretagna, con la collaborazione del Military Vehicle Museum. Il realismo storico e il naturalismo delle scene di battaglia, cui furono profusi all'epoca enormi sforzi, anche in considerazione del grande pubblico cui era destinato il film, risultano tuttavia oggi, con l'evoluzione della capacità illusionistiche degli effetti speciali, proprio le parti più invecchiate del film.

Materiali, schede, apparati e bibliografia

Le vicende narrate

Il film narra la fase cruciale della repressione della resistenza libica all'invasione italiana. Di fronte alla resistenza guidata dall'anziano Omar Muhktar, nel 1929 Mussolini invia in Libia il generale Rodolfo Graziani. Questi si rende subito conto che è impossibile debellare la rivolta finché questa è sostenuta dalla popolazione. Procede quindi a una spietata repressione, distruggendo le coltivazioni, avvelenando i pozzi, sottoponendo a decimazione interi villaggi, fino ad attuare la deportazione dell'intera popolazione del Gebel, circa 100.000 persone, un ottavo dell'intera popolazione libica, in campi di concentramento nel deserto della Sirtica (dove ne perirà circa il 40%). Di fronte al proseguire della resistenza, per isolarla ulteriormente, fa erigere un "secondo vallo di Adriano" lungo il confine egiziano, una barriera di filo spinato sorvegliata da autocarri e aviazione, che si estende per 270 chilometri dalla costa sino all'oasi di Giarabub. Catturato infine Omar Mukhtar, dopo un processo sommario il 15 settembre del 1931 lo fa impiccare di fronte a 20.000 persone fatte arrivare dai campi di concentramento.

Il giudizio degli storici

Autorevoli storici si sono pronunciati sulla fondamentale fedeltà storica del film, dal maggior esperto del colonialismo italiano, Angelo Del Boca, a un autore come l'inglese Denis Mack Smith, usualmente intervistato dalla stampa italiana in casi del genere, sino a uno storico come Drew Middleton, principale corrispondente militare del New York Times e su New Republic, giornali non suscettibili di nutrire simpatie nei confronti del mondo arabo.

"Mai prima di questo film gli orrori ma anche la nobiltà della guerriglia sono stati espressi in modo così memorabile, in scene di battaglia così impressionanti; mai l'ingiustizia del colonialismo è stata denunciata con tanto vigore... Chi giudica questo film col criterio dell'attendibilità storica non può non ammirare l'ampiezza della ricerca che ha sovrinteso alla ricostruzione." (Denis Mack Smith, in "Cinema Nuovo", febbraio 1982.)

Utile comunque la raccomandazione dello storico Giorgio Rochat, fra coloro che auspicano la diffusione del film, a intendere la verità del film in senso storico-politico e non strettamente filologico, rilevando ad esempio come le scene di battaglia contengano alcune inesattezze quali l'imboscata attuata dai libici con le mine, di cui in realtà essi non disponevano.

Anthony Quinn sul film

"Mi sono identificato nel sacrificio di Omar Mukhtar che sapeva di non poter vincere, ma non ha esitato a sacrificarsi con passione. Non dimenticate le mie origini: un padre irlandese, vecchio compagno di Pancho Villa durante la rivoluzione, e una madre messicana di ascendenza azteca. Mi hanno dato un carattere forte, uno spirito progressista e una certa saggezza" (da A. Grasset, Anthony Quinn: Le Lion du desert, Journal de Dimanche, 25.7.82)

Recentemente scomparso nel giugno del 2001, Anthony Quinn aveva già recitato per M. Akkad in The Message nel ruolo di Hamza, zio di Maometto.

La sua carriera è costellata di interpretazioni di ribelli: uno sceicco arabo in Avventura al Marocco (1942), un guerrigliero filippino in Gli eroi del pacifico (1945), il fratello di Zapata a fianco di Marlon Brando in Viva Zapata (1952) per il quale ottenne il primo Oscar, un partigiano greco in I cannoni di Navarone (1961), un capo beduino nel pluripemiatro Lawrence d'Arabia (1962)

Il regista

Di origini siriane, residente negli USA. Assistente di produzione con Sam Peckinpah nel film Sfida nell'alta sierra, fonda una propria casa di produzione. Il suo maggior successo commerciale come produttore è Halloween di Carpenter, come regista The Message, dedicato alla nascita dell'Islam.

Che fine hanno fatto?

Nel film il Duca d'Aosta chiede a Graziani, che si attendeva dalla Libia carriera e gloria in patria, che cosa sarebbe successo se invece fosse stato ricordato in Libia e dimenticato in Italia. Riallacciandosi a questo dialogo, il film si chiude con una didascalia che informa di come Graziani dopo la guerra fu arrestato, processato e morì nel 1955.

Le vicende furono in effetti più complesse: dopo la campagna libica Graziani fu protagonista di quella etiopica, dove fu responsabile di gravi crimini quali l'impiego sistematico di armi chimiche, il bombardamento degli ospedali della Croce Rossa, stragi nei confronti della popolazione, fra le quali la più nota è quella del monastero di Debrà Libanòs, dove circa 1600 monaci vennero trucidati. Per nessuno di questi crimini, denunciati da organismi internazionali, è mai stato processato, come mostra il film Fascist Legacy. Dopo la caduta del fascismo passò al servizio della Repubblica Sociale Italiana, dove fu Ministro della Difesa. Finita la guerra fu arrestato come prigioniero di guerra, processato e condannato nel 1950 per "collaborazione militare con il tedesco" e rimesso in libertà il mese successivo. Nel 1954 è presidente onorario del MSI, nelle cui liste è candidato, e all'interno del quale si fa promotore di una modifica della Costituzione Repubblicana. Ripetutamente negli anni Ottanta e Novanta le amministrazioni locali di Filettino, suo paese natale, rette dall'MSI e poi da Alleanza Nazionale, si sono adoperate per onorarne la memoria trasformando la sua casa in museo.

La ricezione del film in Italia

Distribuito negli USA nel 1980 e due anni dopo in Europa, non ha avuto in Italia, nonostante il dibattito suscitato sulla stampa, alcuna distribuzione, in seguito al veto opposto dall'allora sottosegretario agli Esteri, Raffaele Costa, che lo aveva ritenuto lesivo dell'onore dell'esercito. L'unica proiezione ufficiale è avvenuta nel 1988 presso il festival Riminicinema.

Qui di seguito alcuni riferimenti bibliografici sul dibattito sviluppatosi:

Enzo Magri, Il garibaldi della Libia, "Oggi", 10.8.1979

Aldo G. Ricci, Rolando Giglio, Sconfitto, ma nella leggenda, "Il messaggero", 6.2.1981

Raffaello Molinari, L'enfasi della storia nell'epopea degli sconfitti, "Cinema nuovo", febbraio 1982

Amato Barbagianni, Omar Muhtrar. Il leone del deserto. Trama e testo del film, Napoleone editore, 1985

Angelo Del Boca, Chi ha paura di Omar?, "Il messaggero", 14.3.1983

Roberto Silvestri, "Il leone del deserto" come "La battaglia di Algeri", "Quaderni internazionali", n. 1 1987, pp. 113-18

Enrico Magrelli, C'è uno scheletro nel deserto, "Panorama", 18.9.1988

Tatti Sanguinetti, Faccette nere, "Europeo", 23.9.1988

Paolo D'Agostini, Noi colonialisti diventati censori, "Repubblica", 2011.1988

s.a., Omar Muhtar. Lion of the Desert, Catalogo Rimini Cinema, 1988

Giorgio Rochat, Il film e il leone, "Il manifesto", 5.10.1988

Farid Adly, Mukhtar e la resistenza libica, "Il manifesto", 16.9.2000

Roberto Silvestri, Il tesoro della memoria, "Il manifesto", 11.5.2001