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51º Festival Internazionale del Cinema
di Locarno

Sembra che questa 51° edizione del festival del film di Locarno sarà l'ultima curata dall'ormai ex direttore Marco Müller (papabile neo-direttore della Mostra di Venezia dopo il dimissionario Laudadio e, si vocifera, sostituito in quel di Locarno dal "nostrano" Barbera).

L'organizzazione del festival è veramente "svizzera": tutto è specificato; tutto è segnalato; niente code per ritirare i pass; distribuzione del PardoNews, il giornale del Festival (piccola pecca -> gli articoli più interessanti, indovinate in quale lingua sono scritti tra l'italiano, il francese e l'inglese?) … unico appunto: le sedie. Di una scomodità imbarazzante (da consigliarsi ai detrattori di quelle del Massimo per una immediata rivalutazione).

Ma veniamo schematicamente ai film.

Venerdì 7 agosto:

Dopo aver gettato la spugna al Fevi (una delle location del festival) a causa di una introduzione lunghissima e noiosissima fatta di poesie in musica dal regista giamaicano Luigi Faccini, ci trasferiamo alla Morettina a vedere Sombre e Tre storie.

Sombre di Phillippe Grandieux. Francia, 1998

A grandi linee è la storia di un serial killer che segue il Tour de France e come lavoro fa il burattinaio. Uccide donne, con le quali non riesce ad avere nessun tipo di rapporto (né sesuale, né verbale). Si innamora (?!) di una giovane, Claire, che ha avuto un guasto alla macchina in un pomeriggio assai piovoso. Ma, come capiamo subito, è un amour fou, destinato a virare in tragedia. Se all'uscita dal cinema il giudizio è negativo, ripensandoci sopra, sulla lunga distanza, il film in qulche modo si riscatta. E' estenuante per la sua carenza di dialoghi che, allo stesso tempo, ne aumentano l'effetto angosciante, dato anche dagli omicidi commessi in fuori fuoco. E poi l'uso spropositato di filtri che creano dei fondali assolutamente artificiali; un finale che è ripetizione e una scena di stupro con accompagnamento dei Bauhaus (Bela Lugosi's dead) veramente urticante.

Tre Storie di Piergiorgio Gay e Roberto Sanpietro. Italia, 1997

L'unico bel film italiano visto al Festival. Girato in stile neorealista e alcune volte come cine-documentario (con le confessioni fatte direttamente in macchina) narra del ritornare alla vita di tre tossicodipendenti: Paola, Martina e Giovanni.

Semplice, senza fronzoli e smancerie, assolutamente emozionante.

La doppia proiezione della serata in Piazza Grande vede prima Small Soldiers, al cui regista Joe Dante viene consegnato il Pardo d'Onore, e poi There's something about Mary

Small Soldiers di Joe Dante. USA, 1998

Film destinato al pubblico dei bambini che vede due creatori di giocattoli dare vita al comando elite grazie ad un microchip top secret della nuova multinazionale in cui sono stati assunti. Il comando elite (il cui capo nella versione originale ha la voce di Tommy Lee Jones) è formato da militari mascelloni tutti "Dio, Patria e Famiglia", che lotta contro i più fantasy Gorgonites. Il problema è quando i gruppi decidono di farsi guerra in Ohio, mettendo in mezzo uomini in carne e ossa. Divertente divertissement.

There's somthing about Mary dei fratelli Farrelly, USA, 1998

Tutti pazzi per Mary (questo il titolo in italiano) è girato dagli autori dello sgangherato Scemo e più scemo. Qui siamo dalle parti dell'umorismo demenziale condito, ed è forse questo il punto forte, da un tono politically scorrect che non salva handicap (fisici e mentali), sesso, buon gusto … scene "memorabili" a iosa per il film che ha divertito esageratamente le 8000 persone della piazza grande; una su tutte: l'uso improprio dello sperma.

Sabato 8 agosto:

Tulennielija di Pirjo Honkasalo. Finlandia, 1998

Tra i film in concorso visti, l'unico che meritasse il primo premio è proprio questo Mangia Fuoco a conferma di una cinematografia nordica molto viva e vivace.

La storia di due sorelle e di una madre che le abbandona, poi le recupera, poi le riabbandona, poi le delude … il utto girato a colori per quel che riguarda il passato e in b/n per il presente. Eccezionale.

Giamaica di Luigi Faccini, Italia, 1998

Stavolta lo spettacolo introduttivo è più breve forse (grazie?) a causa dell'aria condizionata che non funziona.

Il film ci propone la filosofia del coatto e del "volemose bbene" in forma un po' troppo didascalica. Buoni ed espressivi gli interpreti. Ma non basta!!

Hors Jeu di Karim Dridi, Francia, 1998

Commedia amara e acida dai toni almodovariani soprattutto per la presenza di Rossy De Palma, qui addirittura affascinante.

Valida prova di Philippe Ambrosini quando re-interpreta il gangster dal di dentro, facendo crollare regista e responsabile del casting. Memorabile il provino erotico per lo yogurth!!

Kurz und Schmerzlos di Fatih Akin. Germania, 1998

Opera prima di questo figlio di immigrati turchi, tenta di riunire in un unico film L'Odio, Mean Street, Sleepers e, idealmente, ci riesce.

Le premesse ricordano le barzellette: ci sono un turco, un greco e un serbo …; il tutto condito dal sentimento dell'amicizia, dal tradimento, della fuga impossibile, da un sacco di botte … e dal classico primo piano sulla foto dei tre scattata in precedenza ad un matrimonio!

Domenica 9 agosto:

L'estate di Davide di Carlo Mazzacurati. Italia, 1998

Toh … guarda un po' che novità: un giovane timido, la pianura padana, un bosniaco piccolo spacciatore, una ragazza problematica, un terziario ignorante e brutale, la ricerca di una nuova vita …

Deludente anche per gli estimatori del regista.

Polvere di Napoli di Antonio Capuano, Italia, 1998

Antonio Capuano, dopo Pianese Nunzio, continua ad esplorare la contraddittorietà della sua Napoli. Ma stavolta i cinque episodi del film (che in un qualche modo si rifanno a L'Oro di Napoli di De Sica) pur nelle loro soluzioni surreali non riescono a decollare e, anzi, alcuni precipitano.

The Big Hit di Kirk Wong, USA, 1998

Prodotto dall'ormai definitivamente transfugo John Woo, il film di Wong (di cui ricordiamo Rock'nRoll Cop al defunto Festival Cinema Giovani di qualche anno fa) racconta di un atipico killer un po' sfigato, che addirittura s'innamora della rapita che deve tenere nascosta in casa sua. Con il nuovo astro Max Wahlberg (Boogie Nights) il film ha, inutile dirlo, alcuni momenti d'azione imperdibili: vedere la sequenza iniziale per credere.

Lunedì 10 agosto:

Corti e video di Simon Pummell

Un po' di morphing, un po di stop motion, un po' di animazione e anche un po' di noia. Paragonato a Cronenberg(!!) aspettiamo il suo primo lungometraggio tratto da un racconto di Gibson, Dog Fight.

My name is Joe di Ken Loach, G.B., 1998

Vero e proprio evento del Festival con tanto di regista presente (il quale, sulle vicissitudini di M.Müller, cita un adagio inglese: se proprio devi mangiare nello stesso piatto del diavolo, assicurati di avere un lungo cucchiaio).

Ritorno al proletariato di Ken Loach, dopo una parentesi internazionale - Terra e Libertà/La Canzone di Carla - non troppo convincente.

Il film è assoluto o, come direbbe un amico giovane critico: "E' oltre!". Meritatissimo premio per migliore interpretazione maschile a Peter Mullan al Festiva di Cannes (e più recentemente anche premio per l'opera prima della mostra di Venezia).

Fulvio Faggiani

 

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