Tempi
moderni. Charles
Spencer Chaplin. 1936. USA.
Attori: Charles S. Chaplin,
Paulette Goddard, Henry Bergman, Chester Conklin, Allan Garcia
Durata: 85’
Titolo originale: Modern times
USA. Anni Trenta. Tempi moderni: una storia i cui personaggi sono l’industria,
l’iniziativa individuale, l’umanità che marcia alla conquista della felicità.
In una fabbrica controllata via schermo, la Electro Steel Corp., l’operaio del
quinto reparto ha difficoltà a mantenere i ritmi di produzione. Viene proposta
al direttore una macchina in grado di far mangiare gli operai senza che perdano
il ritmo di lavoro, ma testata sull’operaio del quinto reparto la macchina
impazzisce. Nel pomeriggio, con l’aumento dei ritmi, l’operaio perde la ragione
definitivamente arrivando ad avvitare qualsiasi cosa abbia le sembianze di un
bottone. Viene ricoverato per esaurimento nervoso. Dimesso dopo le cure, si
trova disoccupato. In città, capitato in mezzo ad uno sciopero, viene scambiato
per sovversivo e messo in galera. Al porto intanto, una ragazza ruba delle
banane per dar da mangiare alle sorelle più piccole ed al padre, disoccupato.
In carcere invece l’ex operaio divide la cella con un grosso energumeno, e durante
la mensa usa del sale riempito di cocaina, usato da un delinquente per nascondervela,
e in piena eccitazione riesce involontariamente a fermare un tentativo di
evasione. Durante una manifestazione di disoccupati il padre della ragazza
viene ammazzato ed i figli vengono affidati alla legge. Solo la ragazza più
adulta riesce a fuggire. All’ex operaio intanto viene concessa la grazia ed un
foglio di presentazione per un nuovo lavoro. Giunto al porto, in un cantiere
navale, l’ex detenuto combina un guaio con una nave ancora in costruzione ed è
costretto a lasciare il lavoro. La ragazza, scoperta in città a rubare del
pane, si dà alla fuga sbattendo contro l’ex galeotto che sceglie di prendersi
tutta la colpa. Una testimone inchioda però la ragazza e l’uomo, pur di tornare
in carcere dove almeno gli è garantito da mangiare, consuma un grosso pranzo
senza pagare, facendosi così arrestare. Insieme nella stessa camionetta di
detenuti, a causa di un incidente della vettura, i due, l’ex operaio e la
ragazza, si danno alla fuga. Tra loro nasce un rapporto tenero che li porta ad
immaginare una vita felice e borghese. L’ex operaio viene a conoscenza
dell’infortunio che ha colto un guardiano notturno di un grande magazzino e si
fa assumere dando ospitalità la notte alla ragazza. La stessa notte però alcuni
ladri si introducono nel grande magazzino e tra loro c’è un vecchio compagno di
lavoro dell’ex operaio. Involontariamente prima e per festeggiare poi, l’ex
operaio si ubriaca e viene scoperto la mattina dopo a dormire tra la merce in
vendita. Viene di nuovo arrestato. Dieci giorni dopo la ragazza va a prenderlo
all’uscita dal carcere e lo conduce ad una catapecchia che ha scelto come casa
dei loro sogni. Qui l’ex operaio legge della riapertura delle fabbriche e
riesce a farsi assumere come assistente di un riparatore. Dopo aver combinato i
soliti guai, gli viene ordinato di interrompere il lavoro per uno sciopero ma
fuori dalla fabbrica, a causa di un involontario lancio di un mattone, viene
arrestato nuovamente come sovversivo. Una settimana dopo la ragazza viene
assunta come ballerina in un locale e la settimana successiva va a prendere
l’ex operaio all’uscita di prigione, questa volta ben vestita e con qualche
soldo in più. La donna riesce a farlo assumere come cameriere. Dopo aver creato
lo scompiglio anche in questo lavoro, l’ex operaio si scopre talentuoso
cantante e dopo aver divertito la folla viene assunto con un contratto
definitivo. Prima di ballare invece, la ragazza è riconosciuta dalla polizia
che la stava cercando ed entrambi sono costretti ancora una volta a mettersi in
fuga. Con un sorriso, entrambi si riaffacciano sulla strada e verso un altro
cammino.
Sono davvero poche le pellicole
in grado di resistere al logorio del tempo e della storia, e Tempi moderni non solo è una di quelle che riesce a vincere questa
regola, ma è anche una di quelle pellicole capaci di dire tutto insieme in una
volta sola, e per sempre. Ricorrendo al suo umorismo scanzonato e sagace,
Chaplin questa volta costruisce una feroce parodia dei tempi (oggi come ieri
sempre più moderni) dove il senso del progresso contrasta sia con il mercato
del lavoro che soprattutto con i sentimenti umani. Tra tutte le figure che
appaiono in questa pellicola infatti, sono ancora i diversi ad apparire come
quelli sani, o forse sarebbe meglio dire come le vittime sacrificali di un
mondo che prosegue verso la via dell’industrializzazione e del progresso
schiacciando la forza lavoro, la personalità e le aspirazioni (sogni di una
vita borghese interrotti dal manganello della polizia). Anche il ladro del
grande magazzino per esempio, viene presentato non come un delinquente ma come
un uomo costretto a rubare per mancanza di cibo e lavoro. In questo
atteggiamento (la scelta della bellissima Paulette Goddard per rappresentare la
delinquenza derivante dalla povertà) il regista/attore pone al centro della sua
critica le condizioni cui la società stessa porta, partendo dall’assurdo della
produttività. Tutte le volte infatti che le cose sembrano girare bene, per un
caso o per un altro, il regista sceglie di capovolgere la fine di un processo
innescandone un altro, spesso repressivo. La via del progresso per i due protagonisti
rimane allora una strada vuota e deserta da affrontare con un sorriso (il
recupero di Charlot vagabondo), amaro come l’intramontabile ottimismo che Chaplin
riusciva a dare ai propri personaggi. Costruito su tre/quattro sequenze
memorabili come quella della macchina per mangiare, ma anche quella in cui viene
risucchiato dai macchinari o la memorabile canzone nel ristorante dove per la
prima volta il genio del cinema comico si esibisce con la propria voce
eseguendo una strampalata versione della canzone Je Cherche Apres Titine di Bertal-Maubon-Ron-Leo
Daniderf e che risaliva al 1917. Da film comico Tempi moderni si trasforma in un film
altamente riflessivo e melanconico (la catapecchia come rifugio sentimentale;
le repressioni poliziesche; la questione degli homeless d’America) capace con
grande coraggio a mettere in faccia al pubblico, deridendolo, un senso di
progresso fiacco e sfinito. Come funzionano i tempi moderni (dove per tempi
s’intende soprattutto quelli di produzione) secondo Chaplin? Funzionano pressappoco
così, con un operaio (non più il vagabondo, ma la sua figura riconsegnata al
baratro della disoccupazione), ai limiti dell’alienazione (secondo le teorie di
Marx) che rischia il collasso nervoso o il carcere nel momento in cui non è
capace ad adeguarsi ai ritmi produttivi e, una volta entrato in questo
(corto)circuito, non ha più né i mezzi né gli strumenti per uscirne, rimanendo
vittima di un circolo vizioso che lo vuole per sempre sovversivo e vagabondo.
Non c’è posto in città per chi non si adegua alla modernità dei tempi, e la
strada che gli rimane è quella che conduce lontano, verso il vuoto o il nulla
sulla quale è giusto però continuare a spianare il proprio sorriso. È una delle
più intelligenti e mature riflessioni sul crollo economico del ’29 (al quale il
regista era scampato convertendo i dollari in moneta canadese), una di quelle
storie capaci di mettere in guardia i sentimenti di fronte all’aggressività della
produzione. Ed è un film sostanzialmente marxista poiché rielabora il dominio
della macchina mettendolo giustamente in relazione alle differenze di classe ed
all’alienazione cui i protagonisti sono sottoposti, scelte che procurarono non
pochi problemi al regista, da sempre osteggiato nel suo paese e tacciato di
comunismo fino ad entrare nelle liste nere del maccartismo. Tempi moderni è liberamente ispirato,
teoricamente, al film A me la libertà
(1931) di Renè Clair il quale, quando seppe che il regista americano si era
ispirato ad un suo lavoro, si dichiarò umilmente onorato [i], ma
ciò non impedì ugualmente che fosse aperta una controversia giudiziaria [ii]. Per
realizzare il film Chaplin impiegò 100.000 metri di pellicola e dieci mesi di
riprese, per una spesa complessiva di un milione e mezzo di dollari e che si
concluse con un deficit (per quanto riguarda il paese americano) di 500.000 $. Le
musiche della pellicola furono scritte dallo stesso Chaplin ed eseguite dal
maestro Alfred Newman. Impagabile, impareggiabile, Tempi moderni è e rimarrà sempre una pietra miliare del cinema, ma
soprattutto un’acuta ed intelligente (ma anche sentimentale) riflessione
sull’epoca appena trascorsa, il secolo del progresso che non è mai approdato da
nessuna parte. La sua forza cinematografica infine sta nel non aver scelto il
passaggio completo al sonoro (non esistono veri dialoghi) ed esser riuscito a
esporre una matura critica della società con la sola forza del racconto visivo
e l’uso intelligente delle gags. All’epoca della sua uscita il film ottenne
credito solo in Francia, Inghilterra e Russia mentre fu un fiasco nel proprio
paese e bollato di filo-comunismo in Germania [iii],
quando in realtà l’obbiettivo del regista era quello di rimanere super partes (infatti è occasionalmente
che partecipa agli scioperi) conservando e difendendo la propria natura e
autonomia anarchica. Rieditato negli Anni Cinquanta il film ha mostrato un
carattere tipico dei vini buoni, invecchiando infatti è migliorato e con il
tempo assume un’importanza ed un valore sempre superiore.
Bucci Mario
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