Spartacus. Stanley Kubrick. 1960. U.S.A.
Attori: Kirk Douglas, Laurence
Olivier, Jean Simmons, Charles Laughton, Peter Ustinov, Tony Curtis
Durata: 183’
Schiavo trace in Libia, Spartaco
è comprato da una scuola di gladiatori di Capua. Qui gli insegnano l’arte del
combattimento nonché della morte affrontata al fine di soddisfare lo spettacolo
dei potenti. Trattato come se fosse una bestia, conosce l’amore di un’ancella,
Varinia, della quale presto diventerà il marito. Capeggiando una rivolta contro
la scuola di gladiatori, sfruttando l’occasione di un combattimento a morte
voluto da Crasso in onore di due belle donne, Spartaco si trasforma presto in
generale degli schiavi, simbolo di rivolta all’impero in nome della libertà.
Nel frattempo a Roma c’è un conflitto nel senato tra patrizi e plebei, tra
Crasso e Gracco quindi, per ottenere una libera direzione del senato. Sconfitto
il piccolo esercito di Glabro proprio dai rivoltosi capeggiati da Spartaco, è
nominato nuovo responsabile per sedare la rivolta lo stesso Crasso, esponente
della classe dei patrizi. Bloccati a Metaponto, dove avrebbero dovuto partire
per la Cilicia con l’aiuto dei pirati, gli schiavi di Spartaco decidono di
marciare su Roma ma sono sconfitti. Rifatto prigioniero, Spartaco è messo in croce
mentre Varinia, con in grembo il loro figlio, è fatta scappare dall’abitazione
di Crasso, divenuto nel frattempo nuovo dittatore dell’impero.
L’unico colossal diretto da
Kubrick e prodotto da Kirk Douglas (che aveva voluto in prima battuta il
regista Anthony Mann) e ultimo grande prodotto dell’era d’oro hollywoodiana,
nella quale mutazione si possono rintracciare, ma non vedere così
esplicitamente, le contaminazioni socialiste del grande maestro. Costata
quattro milioni di dollari, la storia del primo rivoluzionario di sempre
(tratta dal romanzo di Howard Fast e sceneggiata da Dalton Trumbo, colpito per
anni dal maccartismo e che qui finalmente potette apporre la sua firma) è un
lavoro che ha molto di Kubrick nelle premesse, infatti, ma poco nella realizzazione,
purtroppo controllata da una ferrea produzione (del regista si possono
apprezzare alcune inquadrature coperte da dettagli in primo piano e pochi ma
efficaci carrelli sulle scene di guerra, il primo combattimento nell’arena
vissuto dai due gladiatori che attendono il loro turno, ma soprattutto la
geniale rivolta che parte dalla cucina dell’arena fino ad estendersi sui campi,
in un’unica sequenza). Borghese (accordo tra Spartaco e Varinia sul “Ti
proibisco di lasciarmi”), paternalistico (la scena di Varinia che mostra il
marito in croce al loro figlio), militarizzato e cattolico (marcia su Roma e
crocifissione), Spartacus convince poco lo spettatore seguace di
Kubrick, non ostante la descrizione rude di una Roma ambigua e corrotta in ogni
suo uomo, e si fa apprezzare per lo stile asciutto e affine alle leggi del
colossal (voce fuori campo che anticipa le tre ore del film). Uso esasperato
delle sfumature ed (a mio avviso) il basso livello di recitazione di Kirk
Douglas sono i punti dolenti dell’unico momento buio del cinema di Kubrick (che
non lo riconosce nemmeno come un suo lavoro). Dice l’allenatore dei gladiatori
a Spartaco “Magari sei anche intelligente, è un rischio per uno schiavo…”
ma il volto di Douglas non dà nessun conforto a quest’affermazione. Il film di
Kubrick guadagnò comunque quattro Oscar: per la fotografia di Russell Matty
(Technirama 70, futuro Technicolor), per le scene (pensate da Saul Basscon con
l’ausilio di quasi 8000 comparse), per i costumi (Bill Thomas) ed a Peter
Ustinov come attore non protagonista. Girato tra gli States e la Spagna,
montato con le ridondanti musiche di Alex North, il film è stato ridistribuito
nel 1991 in un'edizione restaurata e con l'aggiunta di quindici minuti (mancava
il sonoro nella scena che allude all’omosessualità tra Crasso ed Antonino). Il
successo di questo film valse a Kubrick un fortissimo potere contrattuale di
supervisione su tutti i suoi prossimi lavori.
Bucci Mario
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