Resident evil. Paul
W.S.Anderson. 2002. U.S.A.
Attori: Milla
Jovovich, Michelle Rodriguez, Eric Mabius, James Purefoy, Martin Crewes, Colin
Salmon
Durata:
100'
L’idea viene da un gioco, ma il
padre dell’idea si chiama George A. Romero, l’uomo che quando decide di giocare
preferisce farlo con i suoi migliori pupazzi da pellicola: gli zombi. Al
supermercato o alla villa abbandonata dei precedenti lavori, si sostituisce
l’ambientazione con la multinazionale Umbrella che ha una sede particolarmente
segreta e militarizzata (600 metri sotto terra) nella quale si svolgono
esperimenti d’ingegneria genetica con scopi militari. La storia inizia con un
sabotaggio all’interno dei laboratori della Umbrella dove si studia una nuova
forma di virus, il T-Virus, e dove a causa dell’epidemia causata il computer
generale, la Regina rossa che controlla tutto il centro dei laboratori, opta
(in base a speciali misure di sicurezza) per lo sterminio di tutti i suoi
dipendenti contaminati. Saranno i loro cadaveri ancora stimolati dalla fame, ed
il computer generale, i pericoli per un gruppo di militari inviati nella
cittadina di Racoon per scoprire quanto è accaduto.
La trama ha dunque un semplice e
poco originale punto chiave, gli zombi appunto, ma Romero riesce a modernizzare
il discorso (era autore anche del gioco per la Playstation dal quale è tratto
il film) con trovate nuove quali appunto il computer principale come ulteriore
problema per i personaggi (molto efficace è la sequenza in cui quattro militari
sono bloccati in un corridoio con un laser particolarmente tagliente). Il
discorso di base rimane quello politico dei primi film sugli zombi, se una
volta erano esseri umani morti ma con stimoli costanti per il consumo, i nuovi
morti viventi sono il prodotto di una multinazionale che qualcuno ha deciso di
sabotare nel nome della lotta alle bio-tecnologie militari. Il regista Anderson
non si sbilancia, scopiazza qua e la (The Cube, La notte dei morti viventi,
…) e ricava da questo collage momenti di tensione efficaci ed altrettante
trovate interessanti che avrebbero meritato uno sviluppo migliore (la sequenza
con i dobermann è la migliore da questo punto di vista). Milla Jovovich,
particolarmente bella e maturata da Il quinto elemento (1997) di Luc
Besson, è la protagonista in mezzo ad un gruppo di attori spesso fastidiosi per
una recitazione che sfiora il livello della serie B. Dialoghi poveri sono messi
in secondo piano dall’uso del flashback ben dosato fino alla fine. Eccessive
alcune sequenze militarizzate che per fortuna si esauriscono a metà del
percorso mentre un appunto va sollevato ad un finale action veramente
frettoloso. Ambientazioni (girato, interni ed esterni, a Berlino) e musiche
cyber definiscono l’aspetto tetro ed industrial del film, dal quale non
ci si poteva aspettare più di quanto è proposto in sala. Target di pubblico dai
16 ai 24 anni, o per tutti quelli che come me si lasciarono rapire dalla novità
del gioco quando fu immesso nel mercato delle console. Il percorso
cinema-console-cinema, un riciclaggio tecnologico dell’oggetto cinematografico
che ispira la produzione di questo prodotto, la dice tutta sul tipo di cinema
che questo film ha deciso di percorrere. Anche se ci sono più spunti
interessanti rimane il fatto che non è un capolavoro, non è un bel film, e
molto probabilmente non sarà nemmeno rivalutato tra i cult.
Bucci Mario
videodrome76#@hotmail.com