Metropolis. Fritz Lang. 1926. GERMANIA.
Attori: Brigitte Helm,
Alfred Abel, Gustav Fröhlich, Rudolf Klein-Rogge, Fritz Rasp, Theodor Loos,
Erwin Biswanger, Heinrich George, Olaf Storm, Hanns Leo Reich
Durata: 147’
XXI secolo. Anno 2026. Un consistente numero di operai si
avvicenda in un’enorme fabbrica. Coloro che non lavorano invece, fanno parte
del Club dei figli i quali sono anche gli unici ad avere accesso al Giardino
eterno, uno dei lussi che la tecnologia ha permesso di raggiungere. Qui Freder,
figlio di Joh Fredersen, il signore di Metropolis, mentre sta baciando una
donna, vede sopraggiungere un’altra ragazza con una schiera di fanciulli figli
di operai che vengono cacciati dai camerieri del Giardino eterno. Colpito dalla
sua bellezza, Freder decide di scendere a cercarla nella fabbrica ed assiste
alla morte di un operaio che scatena un incidente e che trasforma ai suoi occhi
la fabbrica in un Moloch dove gli uomini-schiavi sono inghiottiti. Si rivolge
allora al padre che gestisce Metropolis dalla Torre di Babele. Mentre cerca di
spiegargli quanto è accaduto sopraggiunge Grot, il responsabile del Cuore della
Macchina, che consegna a Joh Fredersman due mappe trovate nelle tasche degli
operai coinvolti nell’incidente. Infuriato per quanto sta accadendo tra gli
operai, licenzia il segretario Josaphat. Freder domanda al padre di prendere
atto delle condizioni di vita degli operai ma di fronte alla rigidità di quello
lascia la Torre di Babele e raggiunge il segretario, prossimo al suicidio, e
gli domanda di lavorare per lui. Il padre, decide dì mettere una spia alle
calcagna del figlio. Sceso al V livello, Freder sostituisce un operaio nei
lavori per provare le condizioni di lavoro. In una piccola casetta nascosta fra
i grattacieli intanto, giunge Joh Fredersman. È il laboratorio dello scienziato
Rotwang che gli mostra il robot Hel, la creatura per la quale ha perso una
mano. Mostrandogli le mappe che ha ricevuto da Grot, scopre l’esistenza di una
rete di catacombe sotto Metropolis. Anche Freder, sul posto di lavoro, si
accorge di avere una mappa nelle tasche della sua tuta e seguendo gli altri
arriva ad una cappella sotterranea dove la donna che stava cercando, di nome
Maria, tiene una funzione religiosa per tutti gli operai. Alla funzione,
durante la quale Maria racconta la storia della Torre di Babele, assistono
anche lo scienziato e Joh Frederman, scesi nelle catacombe da un passaggio
segreto che si trova sotto il laboratorio dello scienziato. Finita la funzione,
Freder riesce a baciare Maria, la quale lo crede il messia. Suo padre chiede
allora a Rotwang di usare quella donna per dare un volto umano ad Hel. Maria
viene rapita dallo scienziato ma, una volta in casa di quello, prima di essere
clonata, riesce a gridare, attirando l’attenzione di Freder che passava di lì.
Il ragazzo però non vi trova Maria ma solo lo scienziato che gli dice che la
sua donna è dal padre. Tornando alla Torre di Babele, sviene davanti alla scena
di quella con suo padre. Messo a riposo, in preda a deliri apocalittici, dopo
giorni, finalmente Freder incontra nuovamente Josaphat che gli racconta di una
donna di nome Maria che, nel quartiere di lusso Yoshimara, sta facendo
letteralmente impazzire gli uomini con la sua danza provocante. Nel frattempo
Rotwnag racconta alla vera Maria le intenzioni del suo clone: sostituendola
nelle funzioni, il robot con le sue sembianze ha il compito di incitare la
folla contro il creatore di Metropolis e contro le macchine. Proprio durante la
funzione giungono Freder e Josaphat che accusano la finta Maria di predicare il
male anziché la fratellanza. La folla non gli crede e dopo averlo assalito dà
inizio alla rivolta salendo i piani alti della città. La vera Maria intanto
riesce a fuggire dal laboratorio dello scienziato mentre la folla arriva fino
al Cuore della Macchina. Grot avverte Joh Fredersman della rivolta ed il
signore della città gli ordina di aprire i cancelli e di lasciarli fare.
Distrutto il Cuore della Macchina, la città incomincia ad allagarsi mentre il
clone si allontana dalla folla di operai. Maria riesce nel frattempo a
raggiungere la piazza dove è situato l’allarme generale e mettendolo in azione
chiama a raccolta tutti i fanciulli della città. A Yoshimara il clone convince
la folla a festeggiare la distruzione della città mentre nella fabbrica Grot
riesce a convincere i rivoltosi del falso messaggio al quale hanno creduto,
correndo tutti il rischio di perdere i propri figli. Festeggianti e operai
s‘incontrano per le strade di Yoshimara e questi ultimi danno fuoco al clone
come se fosse una strega. Sopraggiunge Freder con Josaphat ed entrambi
assistono al rogo di quella che credono sia Maria. Rotwang invece, trova ancora
una volta Maria per la strada e la insegue fino alla cima di una cattedrale
dove la ragazza, scivolando, riesce a suonare la campana che attira
l’attenzione di Freder. Freder, sul tetto della cattedrale, lotta con lo
scienziato che alla fine cade di sotto. Freder e Maria si uniscono e grazie
alla mediazione del figlio, operai e Joh Fredersman trovano un accordo.
Adattando la propria forza visionaria, con la quale aveva
contribuito a caratterizzare la corrente espressionistica tedesca, ad uno
scritto della moglie Thea von Harbou, dalla quale si allontanò una volta che
questa aderì alla causa nazista, il genio di Fritz Lang diede vita ad una
pietra miliare della storia del cinema e non solo del genere fantascientifico.
Segnato da un fortissimo senso religioso (cristiano-messianico) e da una lucida
critica sulla crescente società delle macchine, il film di Lang è una sontuosa narrazione
strutturata in preludio, intermezzo e furioso e
polarizzata (secondo il tema del doppio, ricorrente nell’espressionismo) in
bianco e nero (quando il biondo Freder sostituisce l’operaio, anche i suoi
capelli diventano neri, e quando nel finale diventa mediatore, è di color
grigio). Attraverso la realizzazione di quelle che appaiono come sontuose
scenografie (in realtà molto più piccole ed ingrandite con il metodo
Shufftan che si serviva di uno specchio a 45° rispetto alla lente)
l’immaginario di Lang apporta notevoli modifiche all’idea di futuro delle
società urbane. Egli, infatti, costruendo la città su più livelli, torna a dare
un’immagine gerarchica della società secondo l’arcaico modello delle società
faraoniche, dove i piani più alti corrispondono poteri superiori e condizioni
di vita migliori. La pellicola è soprattutto una denuncia al sistema delle
macchine, al modello industriale (l’incubo delle dieci ore che non finiscono)
ed alla società totalitaria (dalla quale fece a tempo a fuggire, rinunciando
alla carica di direttore dell’UFA propostagli dallo stesso Hitler, affascinato
da questo film quanto Goebbels). Moltissimi i riferimenti alla Bibbia (i
bambini che vanno a raccolta dalla predicatrice Maria; il tema del pentimento),
a Giovanna d’Arco (il rogo di Maria), al Gobbo di Notre Dame (finale sulla
cattedrale), che attraverso l’espediente narrativo di una società del futuro,
con uno sguardo breve al passato (il racconto di Maria sulla Torre di Babele),
permette a Lang di parlare e raccontare del presente. Il tema del mediatore tra
le parti, quella industriale e quella operaia, fu il punto sul quale
divergevano le idee dei coniugi. Fritz Lang, infatti, disconobbe il finale così
come è stato realizzato, perché avrebbe preferito che dopo la distruzione della
città (ispirata ai grattacieli di New York ma anche alle costruzioni
monolitiche della repubblica di Weimar) i due ragazzi fossero fuggiti a bordo
di un razzo (geniale!). Ciò che, infine, ha fatto veramente grande questa
pellicola è l’insieme, tutti in una volta, della maggior parte degli espedienti
narrativi e dei trucchi ed esperimenti ottici sviluppati sino ad allora
dall’industria cinematografica (la soggettiva di Freder che raccoglie un pezzo
del vestito di Maria, le grandi sovrimpressioni visionarie, il corposo
montaggio, le coreografie di massa). Importantissimo il lavoro di montaggio per
una lavorazione tanto sontuosa che impegnò per oltre diciannove mesi un totale
di quasi trentaseimila comparse ed una spesa di oltre cinquanta milioni di
vecchi marchi (che non incassò mai e che provocò il fallimento dell’UFA che poi
divenne definitivamente strumento del regime nazista). I distributori
americani, allora, accusarono il film di comunismo, mentre il messaggio di
riconciliazione finale venne apprezzato dal nazismo (il Mereghetti – Dizionario
dei film 2000). Il finale, in effetti, è davvero ambiguo, e per dirla come
Leonardo Quaresima, sembra approdare ad un’ideologia del connubio del cuore
e dell’acciaio (il conflitto tra operai e padroni risolto dall’amore tra una
ragazza del popolo ed il figlio dell’industriale) (Alfonzo Canziani -
Cinema di tutto il mondo - Mondadori). Hanno detto di questa pellicola “Uno
dei peggiori film mai fatti” (H.G.Wells); “Retorico, banale, pedante, intriso
di romanticismo superato… ma se opponiamo alla storia la fotogenia plastica,
allora reggerà qualsiasi confronto, ci sconvolgerà come il più bel libro
d’immagini mai visto” (L.Bunuel). Metropolis è anche diventato il primo
film della storia ad essere tutelato dall’UNESCO. Purtroppo ne esistono varie
copie. Lo stesso Lang ne fece una versione ridotta di oltre 30 minuti e la
versione considerata come la più attendibile è quella custodita nella
cineteca di monaco, restaurata nel 1984 (il Morandini – dizionario dei film
2004). La musica fu scritta nel 1926 apposta da Gottfried Huppertz (che
insinua la Marsigliese nelle scene di rivolta) ed esiste una versione (a colori
e del 1984) di 87’ che Giorgio Moroder colora e “musica” e imbelletta e
dichiara candidamente “Ho colorato così, come mi veniva; non c’erano nessi, una
cosa poteva valere l’altra” (E.Ghezzi – Paura e desiderio – Bompiani). Metropolis
è un capolavoro di cinema decorativo, la messinscena di un delirio (il
Morandini – Dizionario dei film 2004). C’è però da chiedersi se Hitler,
che ammirava il film, si sia ispirato a questa pellicola per i campi di
concentramento (Massimo Moscati – Breve storia del cinema – Bompiani). Ne è
stata fatta una versione d’animazione abbastanza fedele, Metropolis
(2002) di Rin Taro, e migliaia di film di genere ne hanno tratto ispirazione
(C-3PO, nella trilogia di Star Wars ideata da Gorge Lucas, è la versione
maschile di Hel). Ha commentato lo stesso Lang “Metropolis non è altro che
una favola. Ma a me quelle che interessavano erano le macchine…”. A
progettare le scenografie contribuì, anche se non accreditato, Edgar G. Ulmer,
poi regista del classico gotico The black cat (1934), mentre il
grattacielo di Joh Fredersen, il signore di Metropolis, è citato nel film Blade
runner (1982) di Ridley Scott.
Mario Bucci
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