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La maschera della Morte Rossa - The masque of the Red Death
Anno: 1964
Regista: Roger Corman;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: USA;
Data inserimento nel database: 13-07-2004


La grande guerra

La maschera della Morte Rossa. Roger Corman. 1964. USA.

Attori: Vincent Price, Hazel Court, Jane Asher, David Weston, Patrick Magee

Durata: 86’

Titolo originale: The masque of the Red Death

 

 

Italia. XII secolo. Un’anziana donna incontra nella foresta un uomo in abito rosso che le consegna una rosa dopo averla tramutata dal bianco al rosso. L’uomo gli ordina di portarla in paese promettendo al popolo il giorno della liberazione dalla tirannia del ricco e cinico principe Prospero. Il principe è di passaggio in città e viene offeso da due uomini che porta con sé nel suo castello, assieme ad una donna figlia di uno e fidanzata dell’altro. Scopre però che la vecchia ha contratto la peste: la morte rossa. Il castello si chiude in se stesso, considerato al sicuro dal contagio vieta l’accesso a chiunque provenga da fuori. Una sera, costretta a togliersi la croce che portava al collo, la donna la ritrova insanguinata e scopre, la stessa notte, che il principe è una specie di vampiro adoratore di Satana. Il principe obbliga i due uomini a darsi battaglia come gladiatori ma poi, durante una festa, li costringe a tagliarsi con dei coltelli dei quali solo uno ha la lama avvelenata. Il padre della ragazza prova ad uccidere il principe Prospero ma è trafitto dalla sua spada. Il fidanzato riesce però a fuggire e nel bosco incontra l’uomo vestito di rosso che gli dice di tornare nel castello. Durante la festa in maschera organizzata dal principe con i suoi commensali, un altro principe, vestito da scimpanzé, viene appeso ad un lampadario e gli viene dato fuoco dal nano Rospo. Prospero si accorge che tra le maschere ve ne è una vestita di rosso e poiché aveva vietato di indossare quel colore alla festa, lo insegue e scopre che è la morte. Il contagio è arrivato anche a corte e solo una manciata di uomini si salvano dal passaggio della peste.  

Girato in Inghilterra e ispirato sicuramente alle bergmaniane riflessioni medievaliste de Il settimo sigillo (1956), ed a due racconti di Edgar A. Poe [i] (del quale Corman ha portato sullo schermo parecchi altri titoli che a loro volta hanno caratterizzato un periodo specifico della sua filmografia) il film di Corman affascina, senza uso di effetti speciali (con il riciclo anzi sempre degli stessi interni), per intensità narrativa (sorretta non solo dalla presenza di Vincent Price) e per la capacità che ha questo regista di trattare temi universali senza ma scadere nel manierismo di genere. La morte non ha volto finchè non è la tua morte. Il maestro dell’anti-hollywood, in questo tassello che compone il mosaico dedicato a Poe, mette in scena uno scontro teologico senza soluzione, un confronto tra bene e male nel quale il simbolo della peste, il contagio della morte rossa, è il senso del destino apocalittico che vive a prescindere dai giudizi. La maschera della Morte Rossa è una pellicola soprattutto politica: l’atteggiamento di un tiranno dal cuore freddo, che mostra insieme Sade e Machiavelli, al quale atteggiamento corrisponde la morte d’umili e principi, di degni e indegni… e l’Oscurità e il Decadimento e la Morte Rossa ebbero illimitato dominio su tutto. Horror in costume intellettuale ed umorale, fedele all’idea del regista secondo la quale anche l’ironia può essere intesa come elemento corrosivo nel cinema horror [ii], La maschera della Morte Rossa ha diverse invenzioni (citazioni) narrative che hanno arricchito anche altre grandi opere di poeti e visionari del cinema. Nella descrizione degli orgiastici festeggiamenti nel castello, soprattutto quelli che arricchiscono la vita di corte nella prima parte della pellicola, non poche le affinità con l’ultima festa organizzata da Marcello Rubini (Mastroianni) ne La dolce vita (1960) di Federico Fellini, ma anche con Salò e le 120 giornate di Sodoma (1975) di Pier Paolo Pasolini, nell’irridente, volgare ma anche cruda descrizione politica di un’autorità fine al proprio male ed a quello altrui. L’ultima danza, la danza della morte, è ricordata invece in Nosferatu il principe della notte (1978) di Werner Herzog mentre l’abbraccio mortale della folla danzante è chiaramente ripreso negli zombi di George A. Romero così come ne Il demone sotto la pelle (1975) di David Cronenberg (il finale nella piscina). La fotografia di questa pellicola è affidata al futuro regista Nichoals Roeg, mentre il principe che, vestito da scimpanzé muore tra le fiamme appiccate dal nano, è Patrick Magee, il medico ridotto vedovo sulla sedia a rotelle dalla banda di Alex in Arancia meccanica (1971) di Stanley Kubrick.

 

 

Bucci Mario

[email protected]

 



[i] Morando Morandini. Dizionario dei film 2004. Zanichelli

[ii] Enrico Ghezzi. Paura e desiderio. Bompiani.