La
donna che visse due volte. Alfred Hitchcock. 1958. U.S.A.
Attori: James
Stewart, Kim Novak, Barbara Bel Geddes, Henry Jones, Tom Helmore
Durata:
128'
Titolo
originale: Vertigo
Dammi la mano. Con questa
prima frase incomincia il percorso di Scottie nella perfetta struttura
narrativa di Vertigo (titolo originale e concretamente più vicino alle
intenzioni del film), mentre appeso alla grondaia di un palazzo, rischia di
morire durante un inseguimento sui tetti. Capolavoro cervellotico di Hitchcock,
maestro indiscutibile delle angosce, che preferisce porre in secondo piano
l’aspetto delittuoso del racconto per puntualizzarne altri. Eccezionalmente
colorato, avanguardia quasi della psichedelica (cambi di colore e sogni ai
confini del profondo onirismo) la storia è incentrata sulla figura di Scottie,
il bravissimo J. Stuart, più che sull’immagine glaciale della bella K. Novak,
la donna alla quale la versione italiana del titolo fa riferimento.
Sembra, che al maestro Hitchcock
interessi maggiormente studiare ed approfondire l’odissea dell’ex poliziotto
Scottie nei meandri tortuosi del contrastato rapporto amore\morte che circonda
la donna che deve pedinare su richiesta del marito, piuttosto che l’uxoricidio
che si svela a metà racconto.
Una tremenda storia d’amore, come
quella che la compagna di Scottie non riesce mai a vivere; un rapporto tra i
due protagonisti che si sdoppia continuamente e che il regista moltiplica su
piani diversi, attraverso l’uso degli specchi o dell’ombra sul viso di Judy
Barton\Madelenine.
La vertigine di cui soffre
Scottie altro non è che l’abisso delle debolezze dell’uomo, le vertigini che si
accoppiano con il bouquet del ritratto sul quale Madelenine si sofferma, o che
rivivono nell’acconciatura della Novak o che fanno da sfondo ai sofferti baci
dei protagonisti (con la macchina da presa che costantemente gira ed avvolge i
corpi con volteggi di scenografia che cambiano nell’arco di un bacio). È una
passione eccessiva, adultera, quella che è raccontata, e non a caso il rimorso
che colpisce i protagonisti s’incarna e si manifesta nella suora che all’ultima
scena, dopo aver provocato il suicidio (vero questa volta) di Judy Barton,
chiede che Dio ne abbia pietà.
Il regista appare come passante
davanti ad un negozio. Ripensando a quelli che per l’epoca erano grandiosi
titoli d’apertura, mi viene in mente anche l’unico momento in cui Scottie
ritorna alla realtà, per poi rifuggire verso l’accecata passione, quando vede
il gioiello al collo di Kim Novak, sulle scale della torre, e le insegna che non
si tengono mai i ricordi di un delitto, sprofondando poi di nuovo, in preda
al delirio di vertigini, sommerso dall’immagine di un amore eccessivo, perso,
ma del quale non vuole disfarsi. Colonna musicale di Bernard Herrmann.
Capolavoro drammatico tratto dal
romanzo D'entre les morts di Pierre Boileau e Thomas Narcejac.
Restaurato nel 1997.
Bucci Mario
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