Jules e Jim. Francois Truffaut. 1962. FRANCIA.
Attori: Jeanne Moreau, Oskar
Werner, Henri Serre, Marie Dubois, Boris Bassiak, Sabine Haudepin, Vanna Urbino.
Durata: 110’
Titolo originale: Jules et Jim
Parigi. Due studenti, Jules e Jim, un austriaco ed un
francese, fanno amicizia. Nella loro felice storia però s’inserisce la
provocante e libertina Caterina. Divisi dalla prima guerra mondiale, i due, che
combattono sui diversi fronti, riescono ugualmente a rivedersi al termine del
conflitto ed a risaldare la loro amichevole relazione. Jules nel frattempo si è
sposato con Caterina e vive con lei in una piccola casa di montagna, ma presto
tra Caterina e Jim nasce una relazione che porterà la donna a domandare al
marito di conservare il rapporto a tre, fino ad accettare che Jim vada a vivere
da loro. Jules approva qualsiasi cosa, perché innamorato, fino all’epilogo
tragico.
Pietra miliare del cinema francese, la storia di due
nazioni che si contendono una donna, la libertà, e che per questa entrano
involontariamente in competizione, fino al suicidio folle, che comunque
distrugge tutto. La pellicola del regista Françoise Truffaut potrebbe essere
letta in quest’ottica se non fosse che il regista stesso ha sempre cercato di
omettere gli aspetti politici nelle sue opere, spesso d’ispirazione letteraria,
a differenza degli altri autori usciti dalla corrente della nouvelle vague. Ed allora, tornando alla
sua filmografia, siamo di fronte all’esaltazione del vuoto (la campagna nella
quale vanno a vivere i tre protagonisti e la bambina) nella quale è inserita
una relazione anticonformista gestita da una Jean Moreau sublime (come spesso è
accaduto sullo schermo) capace di mettere ai margini i due protagonisti
principali, salvati nella loro presenza dal titolo e dalla soggettività del
racconto (voce maschile). Si sarebbe potuto chiamare Caterina il film, infatti, perché è lei che fatale gestisce le vite
di due compagni, assecondando le loro nature poco ribelli e già sottomesse, e
sconvolgendo la loro presenza sulla terra, creando una distanza dal reale che
li affascina, li avvolge, li ruba, li isola, li nasconde. Certo, la follia di
questa relazione sembra fine a se stessa nel momento in cui l’epilogo è tragico
e compiaciuto (Caterina che dice a Jules “guardami”
prima di lanciarsi con l’auto) che si compie sotto gli occhi dello spettatore,
basito, come quando Jean Moreau preannuncia la sua morte lanciandosi nella
Senna di notte (è una sequenza che spiazza come il colpo di scena di un
thriller). Il compiacimento del gesto finale, il suicidio, dove il regista
sembra dire “l’amour fou finisce comunque
in maniera tragica”, perde però qualcosa nel momento in cui è già
ripetizione. Metterei a confronto questo film con La prigioniera (1968) di Henri-Geroges Clouzot, dove il ménage à troi
è tessuto da una follia più malsana, profonda, e giustificata dalla condizione
di classe dei protagonisti, artisti borghesi e commerciali. Nel confronto, il
rapporto a tre di Jules e Jim, appare
inevitabilmente più leggero, intangibile, etereo, ai limiti del falso, il cui
unico vero pregio è quello di aver dato vita ad una storia che potrebbe non
invecchiare mai, sebbene abbia e mostri tutta la sua età. A differenza del
lavoro di Clouzot, che appare invece (e purtroppo) già datato, Jules e Jim vince dunque le regole del
tempo proprio per mancanza di profondità. Tratto dal romanzo d’esordio scritto
da Henri-Pierre Roché, il film è stato sceneggiato dal regista con la
collaborazione di Jean Gruault, capace di costruire una storia come abbiamo
detto, basata sul nulla, ma efficacemente portata sullo schermo da un Truffaut
ormai maturo nella sua esperienza cinematografica. A contribuire all’ottimo
risultato finale è la fotografia curata da Raoul Coutard ed alcune invenzioni
(mai originali) a livello visivo-emozionale, come il primo piano di Jean Moreau
che ride, più volte fermato nel suo fotogramma (la base del cinema nel cinema),
d’effetto. La pellicola infine, a parer mio, è stata un leggermente
sopravvalutata e dal cinema sicuramente ultracitata (ultima solo The dreamers – I sognatori (2003) di Bernardo
Bertolucci) tanto che ne è stato fatto un remake ufficiale con Io, Willy e Phil (1980) di Paul Mazursky.
La canzone Le tourbillon di Boris
Bassiak (che nel film interpreta Albert, l’altro amante di Caterina) fu cantata
dall’attrice Jean Moreau, ed ottenne un discreto successo discografico. Il
regista più tardi scelse ancora una volta l’attore Oskar Werner, che interpretava
Jules, per il ruolo di Guy Montag in Fahrenheit
451 (1966), film di fantascienza tratto dal romanzo omonimo di Ray
Bradbury.
Bucci Mario
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