Il
braccio violento della legge. William Friedkin. 1971. U.S.A.
Attori: Gene Hackman, Fernando
Rey, Roy Scheider, Tony Lo Bianco, Mercel Bozzuffi
Durata: 104’
Titolo originale: The
French Connection
Francia. Marsiglia. Un uomo sta
rientrando a casa ed è sparato in faccia nel portone. U.S.A. New York. Brooklyn. Due agenti
della narcotici, Doyle e Russo, arrestano un ragazzo di colore perché tossico.
La sera vanno in un night club e Doyle mette gli occhi su un gruppo di ricchi
trafficanti tra i quali decide di pedinarne uno, Salvatore Boca. Si accorge
difatti che l’uomo fa delle consegne sospette all’alba accompagnato dalla
moglie. Marsiglia. Pierre Nicoli, l’uomo che ha sparato nel portone, s’incontra
con Alain Charnier e l’attore Henri Devereaux per organizzare qualcosa. New
York. Doyle va in un locale frequentato da spacciatori di colore per incontrare
un suo informatore al quale chiede notizie di Sal Boca poiché ha scoperto che
questo va troppo spesso in un palazzo dove abita anche Joel Weinstock, un boss
che da tempo stanno cercando di incastrare. Qualche giorno dopo l’attore
francese Devereaux arriva negli Stati Uniti con la nave sulla quale è stata
trasportata anche la sua auto. Sempre a New York arrivano anche Alain e Pierre
i quali fanno acquistare da un loro uomo una macchina identica a quella di
Devereaux. Mettendo sotto controllo il telefono di Boca e con l’aiuto dei
federali, Doyle e Russo scoprono che l’uomo che stanno pedinando ha preso un
appuntamento con altre persone, di lingua francese. Si fanno trovare nel punto
dove questi si danno appuntamento e decidono di mettersi alle calcagna dei
francesi. Nel frattempo Boca prepara lo scambio con Weinstock: si tratta di 60
kg d’eroina portate dalla Francia, ma il boss vuole temporeggiare. Intanto Doyle
si piazza dietro a Charnier il quale però riesce a pedinarlo. Boca e Charnier
si danno appuntamento a Washington e discutono sull’affare che viene rimandato
di qualche giorno. Durante il viaggio di ritorno a N.Y. Alain chiede a Pierre
di eliminare Doyle. Persa la fiducia da parte dei suoi superiori, Doyle perde
il caso ma mentre si sta ritirando a casa viene sparato da Nicoli, piazzato
come un cecchino su un tetto. Doyle ingaggia così un lungo inseguimento ma
Pierre riesce a prendere un treno e, dopo aver ucciso un poliziotto, a
sequestrare il guidatore ed a far continuare la corsa del mezzo oltre la
stazione successiva dove Doyle, dopo aver sottratto l'auto ad un cittadino, si
stava lanciando. Pierre, messo alle strette, è costretto ad uccidere anche un controllore
e quando al guidatore prende un malore, il treno si va a scontrare con un
convoglio fermo sulle rotaie alla stazione seguente. Doyle, che lo ha seguito
in un pericoloso inseguimento, riesce a rintracciarlo alla stazione e lo fredda
sparandogli alle spalle. Poco dopo sia lui che Russo sono sulle tracce di Boca
che ritira da un garage l’auto dell’attore francese e la parcheggia vicino al
ponte di Brooklyn dove i due poliziotti si appostano. Durante la notte una
squadra di malviventi di strada si avvicina all’auto e scatta l’operazione:
Doyle fa arrestare tutti e fa sequestrare la macchina che, una volta
nell’officina della polizia, viene smontata pezzo per pezzo: compaiono
finalmente i 60 kg di eroina. Alla stazione di polizia si presenta Henri Devereaux
che chiede di riavere la sua auto e che gli viene riconsegnata intatta. Il
giorno dopo, in albergo, l’attore si tira fuori dal giro e tocca a Alain
guidare l'auto in un rimessaggio dove l’attendono Boca, Weinstock ed i suoi
uomini. Avvenuto lo scambio scatta la retata organizzata dalla polizia. Si
accende una sparatoria dove perdono la vita Boca ed un federale, ucciso da
Doyle per sbaglio. La maggior parte delle persone coinvolte viene assolta,
Alain Charnier scompare nel nulla e Doyle e Russo vengono trasferiti in un
altro dipartimento.
Un colpo in faccia nella quiete
apparente di Marsiglia ed un bambino che a Brooklyn chiede a Babbo Natale una
rivoltella come regalo… inizia così, con un botto enorme, uno dei film più
riusciti di William Friedkin, il regista che ha saputo mischiare meglio di
molti altri suoi colleghi azione e tensione, cinismo e realtà di strada. Dopo Festa
per il compleanno del caro amico Harold (1970) e prima dell’altro suo
grandissimo successo, L’esorcista (1973), Friedkin scende fra le strade
di Brooklyn per dare un calcio a qualsiasi morale, a qualsiasi progetto di
salvezza o redenzione della civiltà urbana (la donna freddata a caso dal
cecchino), senza remore, senza paura di passare per mostro (tante difatti le
battute razziste messe in bocca ai suoi attori). E ci riesce, con bravura,
tecnica, cattiveria, e con grandi prove dei suoi attori. Il film è ispirato ad
un vero fatto di cronaca accaduto quasi dieci anni prima in America, nel 1962,
che vide coinvolti gli agenti, Eddie Egan e Sonny Grosso, in un’importante, ma
occasionale, soluzione investigativa circa un traffico di stupefacenti.
Importante a questo punto è proprio la differenza tra i due protagonisti, Papà
Doyle e Alan Charnier. Sebbene il primo sembra un fascistoide a tutti gli
effetti, aggressivo e contrario al senso dell’ordine poliziesco in senso
sociale e protettivo (nelle scene tagliate molte le sequenze in cui fa battute
sugli ebrei, frequenta locali solitamente pieni di malavitosi e ottiene favori
dalle donne mediante il ricatto della sua posizione), il suo contrappeso è un
personaggio europeo (ancora di più, francese) che con stile arriva in America
per vendere morte. Il finale, con l’europeo che riesce a farla franca, spinge
lo spettatore ad avere simpatia per lui, sebbene questo sia il cattivo
del film. E’ sulla linea di questa ambiguità che il regista riesce a mischiare
le carte della società ed a consegnare un mazzo sporco al suo pubblico, senza
giudizio, e soprattutto senza pretese morali. Secondo lui, infatti, la linea di
demarcazione tra legale ed illegale, tra buoni e cattivi, può essere così
sottile da non sapere più da che lato ci si trovi. E nessuno sfugge a questa
ambiguità urbana tanto che tra le scene tagliate, c’è ne è anche una molto
suggestiva che vede il killer Pierre Nicoli alle prese con una prostituta
sadomaso che lo frusta (duro all’esterno quindi ma debole in privato, brutale
ma sottomesso… come afferma lo stesso regista a proposito). Innegabile che
l’insieme dei vizi di Doyle (per la maggior parte tagliati poi nella
realizzazione finale) possono aver influenzato un altro personaggio davvero
sporco del cinema americano: Il cattivo tenente (1992) di Abel Ferrara
interpretato da Harvey Keitel. Ritornando a Il braccio violento della legge,
uno dei momenti migliori e il tiratissimo inseguimento di Gene Hackman con il
treno, ripetuto poi (con diversi elementi ma con la stessa efficacia) in un
altro pregevole lavoro del regista, Vivere e morire a Los Angeles
(1985). Geniale, singolare, una vera perla rara il finale di questa pellicola,
un colpo di pistola del quale non si percepisce l’effetto e poi le foto dei
protagonisti ancora vivi, con didascalie che scagionano tutti o quasi, e tra i
quali c’è ancora Alain Charnier, sfuggito al braccio violento della legge e che
si presuppone di nuovo in Francia. Un’operazione che non si conclude quindi,
anzi, che sembra rivoltarsi proprio contro Doyle e Russo, spostati in un altro
dipartimento. Friedkin rinuncia così all’happy end e lancia uno scomodo
modello cinematografico che assieme Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è
tuo (1971) di Don Siegel si vedrà clonato in migliaia di esemplari, nessuno
dei quali però realizzato con lo stesso stile e con la stessa dirompente
efficacia. A parte la novità narrativa poi, c’è da sottolineare soprattutto
anche il modo con cui il film è stato realizzato, con un larghissimo uso della
camera a mano cioè, e soprattutto con la mancanza di set, scendendo cioè fra le
strade di New York, indice di un realismo cinematografico che ancora oggi può
essere preso ad esempio. Era nelle volontà del regista, infatti, quella di dare
un’impronta quasi documentaristica alla pellicola. Non a caso la pellicola si
guadagnò ben cinque Oscar: per il miglior film (superando Arancia meccanica
(1971) di Stanley Kubrick, che aveva ottenuto la nomination) e la miglior
regia, per Gene Hackman (sicuramente nella migliore parte della sua carriera)
ed infine per la miglior sceneggiatura ad Ernest Tidyman (che oltre alla storia
vera si lasciò ispirare soprattutto dall’omonimo romanzo di Robin Moore,
pubblicato nel 1969) e per il ritmato e serrato montaggio di Jerry Greenberg.
Nella versione italiana il soprannome di Doyle è Papà, mentre nella versione
originale è Popeye (Braccio di ferro). A questa pellicola hanno fatto seguito
due sequel: Il braccio violento della legge n° 2 (1975) di John
Frankenheimer (con la trasferta a Marsiglia di Gene Hackman e sempre con
Fernando Rey) e Il braccio violento della legge 3 (1986) di Peter Levin,
in realtà un progetto pilota per un serial televisivo mai realizzato e che al
posto di Gene Hackman utilizzava l’attore Ed O’Neill.
Bucci Mario
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