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I diavoli - The devils
Anno: 1970
Regista: Ken Russell;
Autore Recensione: Mario Bucci
Provenienza: Gran Bretagna;
Data inserimento nel database: 22-06-2006


La grande guerra

I diavoli.  Ken Russell. 1970. GB.

Attori: Vanessa Redgrave, Oliver Reed, Dudley Sutton, Max Adrian, Gemma Jones

Durata: 109’

Titolo originale: The devils

 

 

Francia. Anno 1634. Il re Luigi XIII dà uno spettacolo molto originale alla presenza del cardinale Richilieu, primo ministro, che vorrebbe risolvere la questione dei protestanti. Il paese di Loudun è debellato dalla peste e Urbain Grandier, il curato protestante, celebra il funerale del governatore. Al suo passaggio per le strade del paese le monache del convento di S. Orsola si affacciano per vederlo, compresa la badessa Jeanne des Anges, affetta da una malformazione della schiena. Grandier ha una relazione con la figlia del procuratore Trincant e quando lei gli confessa di essere incinta lui l’abbandona perché non potrebbe riconoscerne il figlio. La peste continua a mietere vittime e il procuratore Trincant si presenta a Loudun per minacciare il prete dopo aver saputo della sua relazione con la figlia. Madeleine De Brou, una giovane ragazza che vorrebbe prender i voti, parla con la badessa la quale la mette in guardia circa la sua scelta. Madeleine si confessa con il curato e gli annuncia il suo amore ma poiché anche lui l’ama, è costretto dalla sua morale a rifiutarla. Nel convento intanto, durante una preghiera, suor Jeanne sogna di essere posseduta da Grandier, sceso dalla croce al posto di Gesù. Giunge a Loudun il barone Laubdremont il quale, per ordine del cardinale Richelieu, prova a distruggere le mura del paese, ritenuto un covo di ugonotti protestanti. Grandier riesce a fermarlo perché il barone sta compiendo il gesto contro la volontà del re, e perché sta minacciando l’autonomia di Loudun. Suor Jeanne invia una lettera nella quale domanda che Grandier diventi guida spirituale del loro convento ma l’uomo invece compie una funzione privata nella quale si concede in sposo a Madeleine. La notizia si sparge velocemente e chi ne soffre di più è proprio suor Jeanne la quale, vedendo Madeleine tornare per rifiutare i voti, l’aggredisce insultandola. Al posto di Grandier si offre come padre spirituale del convento di S. Orsola padre Mignon che però viene dapprima rifiutato e poi informato dalla stessa suora che è posseduta dall’anima di Grandier. Il cardinale Richelieu, in combutta con il barone per far sì che anche Loudun passi nelle mani dei cattolici, cerca prove di un eventuale possessione demoniaca della monaca effettuata da Grandier e invita padre Barre, un esorcista, a Loudun,. Dopo diversi tentativi, tutti molto violenti (ed ai quali il popolo si ribella) la badessa accusa definitivamente di essere posseduta dal demonio e che a mandarglielo è stato Grandier. Condannando a morte anche le altre orsoline, Barre ottiene che queste, per essere risparmiate, accusino il curato della medesima colpa. Grandier intanto si rivolge al re per difendere l’autonomia del suo paese ed ottiene che le mura non vengano distrutte. È lo stesso re che, recatosi a Loudun con una finta reliquia, smaschera il finto esorcismo di padre Barre, ma al ritorno del prete, le suore lo accusano di stregoneria e Grandier viene considerato ugualmente colpevole di eresia.  Mentre una suora s’impicca per il senso di colpa, la stessa badessa vorrebbe ritirare l’accusa ma Barre non glielo consente. Processato (anche grazie ad un’accusa scritta estorta a Madeleine) Granider si difende inutilmente mettendo in luce il lato politico dell’accusa mossagli dall’autorità ma, dopo essere stato rasato a zero, viene ugualmente condannato a morte il 18 agosto. Grandier non ammette la sua colpevolezza né sotto tortura, né di fronte al convento delle orsoline, né in piazza, dove gli danno fuoco. Vengono fatte esplodere le mura di Loudun e padre Mignon, pentito, viene messo in un sanatorio. Madeleine esce dal paese attraversando la breccia e si dirige su una lunga strada seminata di ruote alle quali sono appesi i condannati a morte.  

Ispirato ad un fatto realmente accaduto, studiato dallo scrittore Aldous Huxley (che scrisse il testo I diavoli di Loudun) ed adattato per il teatro da John Whiting qualche decennio prima, il film di Ken Russell è un manifesto politico di autodeterminazione e condanna, da parte dell’autorità, di questa. È infatti in quest’ottica che l’intero lavoro può essere letto (oltre tutti i riferimenti religiosi e grotteschi del periodo preso in esame) dove ad un processo di autodeterminazione ed autogoverno (come quello che il paese di Loudun rappresenta)  corrisponde la volontà di un singolo a sottomettere certe libertà in nome di una falsa morale, spesso spinta da un senso di nazionalismo sterile. Da un punto di vista figurativo/narrativo, il regista si è divertito a ricostruire il percorso del curato come se si trattasse dello stesso compiuto da Gesù: c’è la diffidenza del popolo ma soprattutto dell’autorità, il tradimento (con tanto di bacio al quale il popolo urla il nome di Giuda) il suicidio dei mentitori e la condanna a morte dell’imputato (oltre la più diretta immagine di Grandier che scende dalla croce). Forte del senso del corpo e delle sue regole, Ken Russell punta sull’esagerazione del suo linguaggio (l’orgia delirante in chiesa) al quale nessuno sembra immune (lo stesso Barre per esempio) e che per il regista sembra assumere l’importanza di legge superiore a tutte le altre. Da un punto di vista tecnico invece, il regista si è affidato come al solito ad una scenografia posticcia (curata molto bene da Derek Jarman ed esaltata dall’uso del grandangolo) in grado di mantenere vivo il senso della rappresentazione, fedele alla realtà teatrale di questa. Il convento (nel quale avviene gran parte del’esorcismo) ricorda quello de La passione di Giovanna d’Arco (1928) di Carl T. Dreyer, forse una semplice citazione, o il senso dissacrante proprio di quella passione (che in Jeanne diventa satanica). Girato completamente in studio (a Londra) si tratta di un film censuratissimo per i temi trattati (non solo in Gran Bretagna), ma soprattutto per la sua messa in scena (il crocefisso è presente in quasi tutte le scene più ambigue) barocca e grottesca, orgiastica e blasfema (sebbene sia molto vicino alla realtà raccontata). Lo stesso tema (con personaggi diversi) era stato portato sullo schermo già con un altro lavoro, Madre Giovanna degli Angeli (1961) del polacco Jerzy Kawalerowicz. “Amate la Chiesa?” “Non oggi!”

                                                                                                         

                                  

Bucci Mario

                                                                                                        [email protected]